Ambiente Ibleo – Portale ambientalista del Sud-Est Siciliano


Scala dei Turchi, al via la demolizione dell’ecomostro

Posted in Articoli by admin on 7 Maggio 2013

Sarà abbattuto l’ammasso di cemento che deturpa uno degli angoli più belli di Sicilia

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Finalmente ci siamo. Il 6 maggio, a Realmonte (Agrigento) cominceranno i lavori per abbattere l’ecomostro che deturpa la Scala dei Turchi, uno degli angoli più belli di Sicilia ogni anno frequentato da migliaia di turisti. Per accedere al mare e alle bianche scogliere della Scala da oltre 15 anni si deve obbligatoriamente passare accanto ad un groviglio di ferro e cemento che, nelle intenzioni di chi lo ha tirato su, doveva diventare un albergo. Uno scempio che nel tempo ha indignato migliaia di visitatori e mobilitato le associazioni ambientaliste che finalmente hanno avuto ragione.

LA PROCURA –
Nei mesi scorsi la Procura di Agrigento ha infatti disposto la demolizione dell’ecomostro. L’ordinanza è stata firmata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Antonella Pandolfi che hanno notificato al sindaco di Realmonte, Pietro Puccio, l’ordine di procedere con l’abbattimento. Prima di vedere totalmente libero dal cemento questo tratto di costa tra Punta Grande e Capo Rossella ci vorrà circa un mese.

APPRODO DI PIRATI – La Scala dei Turchi è una splendida parete di roccia chiara che si erge a picco sul mare cristallino. In questa insenatura, si racconta, che trovassero riparo le navi dei pirati. Qui la natura ha compiuto un autentico miracolo. Il bianco accecante della Scala dei Turchi è infatti l’effetto dei gusci di microrganismi, mentre gli strati della falesia marcano intervalli geologici di migliaia di anni. In difesa di questo luogo del cuore nel tempo si sono mobilitati anche molti personaggi del mondo della cultura, primo fra tutti lo scrittore Andrea Camilleri, originario della vicina città di Porto Empedocle. Fonte 

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L’Etna patrimonio Unesco dell’Umanità

Posted in Articoli by admin on 4 Maggio 2013

E’ il quarto sito italiano iscritto per criteri naturali dopo isole Eolie, monte S. Giorgio e Dolomiti

Roma, 3 mag. (TMNews) – L’Etna sarà proclamata in giugno patrimonio Unesco dell’umanità a Phnom Penh, in Cambogia, in occasione della 37a sessione del Comitato del patrimonio mondiale, alla presenza dei rappresentanti di oltre 180 Paesi.

“E’ un traguardo significativo per l’Italia – commenta il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. Il riconoscimento Unesco, come è già avvenuto recentemente con le Dolomiti, è un’opportunità per il nostro Paese per coniugare la tutela dell’ambiente con la valorizzazione del territorio, investendo così nello sviluppo sostenibile, la strada che dobbiamo percorrere”. Si tratta di un risultato importante che riconosce l’unicità del patrimonio naturale italiano, il valore delle politiche nazionali di conservazione e il lavoro svolto negli ultimi anni dal Parco dell’Etna e dal ministero dell’Ambiente, che nel gennaio 2012 ne ha patrocinato la candidatura. Il ministero degli Affari esteri ha comunicato l’esito positivo della valutazione del sito “Monte Etna” candidato a patrimonio mondiale naturale dell’umanità Unesco.

L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) – l’agenzia incaricata di esaminare le proposte di iscrizione alla World heritage list – ha riconosciuto l’importanza scientifica ed educativa, l’eccezionale attività eruttiva nonché l’ultra-millenaria notorietà del vulcano, icona del Mediterraneo. L’Iucn ha valutato l’Etna un esempio particolarmente significativo delle grandi ere della storia della terra e dei processi geologici in corso (e non bisogna dimenticare il legame del vulcano con la cultura immortale, la storia e la mitologia).

“Il patrimonio mondiale (19,237 ettari) – si legge nella dichiarazione “di eccezionale valore universale” – comprende le aree a maggior protezione e di maggior rilevanza scientifica del monte Etna, situato all’interno del Parco regionale dell’Etna. Il monte Etna è rinomato per l’eccezionale livello di attività vulcanica e per le testimonianze inerenti a tale attività che risalgono a oltre 2700 anni fa. La notorietà, l’importanza scientifica e i valori culturali ed educativi del sito possiedono un significato di rilevanza globale”.

L’Etna è il quarto patrimonio mondiale italiano potenzialmente iscritto per criteri naturali, dopo le isole Eolie, il monte S. Giorgio e le Dolomiti che invece lo sono già.
FONTE

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Siamo alla frutta e il dolce è finito!

Posted in Articoli by admin on 2 Maggio 2013

“Faremmo meglio a trovare qualche soluzione per recuperare questa pesante situazione, invece di pensare a un’improbabile invasione di extraterrestri o al 21 dicembre 2012. E ancor meno a fantascientifiche manovre per salvare l’economia! Siamo alla frutta e il dolce è finito!”

Da alcuni articoli sul decremento della popolazione delle api, sembra che la situazione si sia ulteriormente aggravata. Il numero dei preziosi imenotteri continua a diminuire, soprattutto negli Stati Uniti ed in Europa. Le cause sono semplici da identificare: campi elettromagnetici sempre più diffusi e potenti che disorientano le api e indeboliscono la loro capacità di ipercomunicare; pesticidi, neonicotinoidi, e veleni contenuti nelle scie chimiche. E’ stato appurato che in parecchi casi, la morte delle api era da attribuire a dosi massicce di metalli pesanti. Le chemtrails mietono milioni e milioni vittime tra questi insetti. A chi toccherà in un futuro non lontano ? Quando qualcuno si sveglierà, sarà sempre troppo tardi.

In Italia il numero delle api è diminuito della metà nel corso del 2007.
A causa della morte delle api, molte colture di ortaggi e di frutta non sono state impollinate. Come conseguenza, il settore agricolo ha patito un danno, di centinaia di milioni di euro. Una situazione analoga si osserva negli altri stati europei, dove la diminuzione oscilla tra il 40 ed il 50 per cento.

La Svizzera si risveglia in primavera con il 30% in meno di api. La mortalità di questo prezioso insetto è salita da un fisiologico 10% a oltre il 30%-40% nel periodo 2003-2006, secondo quanto dichiarato da Jean-Daniel Charrière, collaboratore scientifico presso la stazione di ricerca agronomica di Liebefeld-Posieux.
Le api sono, insetti preziosissimi per l’impollinazione di moltissimi vegetali, soprattutto alberi da frutta, ma anche peperoni, zucche, colza o girasoli. Nei casi in cui la diminuzione del patrimonio di api non sarà compensata da un ripopolamento per opera degli apicoltori, non si possono escludere ripercussioni sulla produttività in svariati settori dell’agricoltura.
Il fenomeno non è un caso isolato e anzi ha raggiunto proporzioni catastrofiche negli Stati Uniti, dove l’entità della moria – con punte del 60-70% – ha allarmato gli apicoltori e gli agricoltori”.

Quali possono essere le cause di questa diminuzione del numero delle api ? Ricercatori tedeschi, britannici e statunitensi concordano nell’attribuire la moria ai campi elettromagnetici irradiati dalle antenne della telefonia mobile e dai cellulari: si è notato, infatti, che le api si rifiutavano di ritornare nell’arnia, non appena un telefono cellulare veniva collocato nei dintorni. Ciò spiegherebbe perché alcuni alveari siano stati trovati quasi completamente vuoti, con api disorientate e destinate a morte certa.
Le conseguenze sono di enorme portata, vista l’importanza fondamentale di questi insetti per l’impollinazione delle specie vegetali e per la conservazione dell’habitat naturale.

Il noto etologo Giorgio Celli considera più che plausibile la spiegazione che considera l’effetto delle onde elettromagnetiche, ma ritiene che a provocare questa falcidia, siano stati specialmente i pesticidi usati in agricoltura. Credo che, sebbene, come assodato, insetticidi ed anticrittogamici siano nocivi alla flora, alla fauna e all’uomo, il colpo di grazia alle api sia stato inferto dalle onde elettromagnetiche. Non è un caso che le antenne della telefonia mobile siano proliferate in questi ultimi anni un po’ dappertutto: spesso queste installazioni sono mimetizzate o nascoste nei modi e nelle strutture più impensabili, altre volte sono collocate su lastrici solari di edifici privati, in parchi, campi sportivi, addirittura all’interno di cimiteri. È stato poi constatato che la loro disposizione ravvicinata è antieconomica e consona con l’obiettivo di diffondere radiazioni non ionizzanti in modo da danneggiare in modo deliberato la salute delle persone. Non si dimentichi poi che questi campi elettrodinamici sono adoperati anche per il controllo mentale (onde ELF ed ULF – H.A.A.R.P.).
Il decremento del numero delle api, è inoltre dovuto, non solo alle radiazioni non ionizzanti, ma anche alle sostanze diffuse con le scie chimiche e biologiche (metalli vari, batteri, virus): non è dunque un caso se, in Svizzera il problema si è aggravato nel periodo 2003-2006, arco di tempo durante il quale la Confederazione elvetica (come moltissimi altri stati nel mondo), ha subito un feroce attacco chimico di cui si cominciano a vedere le tristi, funeste ripercussioni. Come spesso avviene, il binomio elettromagnetismo-scie chimiche si rivela micidiale.

Le diverse cause che concorrono alla scomparsa e morte delle api, sono così radicate, che sembra impossibile riuscire a farvi fronte; tuttavia una reazione è assolutamente necessaria. Solo in Italia l’apicoltura dà lavoro a 50mila persone, per un valore commerciale di circa 60 milioni di euro all’anno; il danno, se continuasse la moria delle api e l’abbandono degli alveari, non si limiterebbe però solo al tracollo di un intero settore economico, bensì metterebbe in ginocchio il ciclo riproduttivo di milioni di piante che dipendono dalle api per l’impollinazione: meli, peri, susini, peschi, ma anche erba medica, grano, trifoglio, finocchio, aglio, girasole, soia… e molte altre ancora.

In un solo giorno, infatti, un’ape può visitare circa 700 fiori e poiché ogni alveare contiene in media 30.000 operaie, una colonia può visitare più di 20 milioni di fiori quotidianamente; l’importanza delle api, ma anche dei bombi, come impollinatori diventa quindi fondamentale. Fra le piante selvatiche, ben 22.000 specie dipendono dalle api per l’impollinazione

Salvare le api significa quindi evitare il collasso dell’intero Pianeta. Per citare una frase attribuita ad Albert Einstein: “Se l’ape scomparirà dalla superficie della terra, allora agli uomini rimarranno solo pochi anni di vita. Non più api, non più impollinazione, non più piante, non più animali, non più uomo”.

Faremmo meglio a trovare qualche soluzione per recuperare questa pensante situazione, invece di pensare a un’improbabile invasione di extraterrestri o al 21 dicembre 2012. E ancor meno a fantascientifiche manovre per salvare l’economia! Siamo alla frutta e il dolce è finito! Probabilmente quel giorno arriverà così da porre fine a quell’opera di sterminio e di profanazione messa in atto dall’uomo robotizzato di quest’epoca infausta.

Nel frattempo il “punteruolo rosso”, dopo essersi acclimatato, sta falcidiando migliaia di palme e di arecacee (una vera e propria emergenza fitosanitaria), congiuntamente con il “Tarlo Asiatico”, nuovo “divoratore” di piante ancor più spietato del “Punteruolo” stesso!
Questo insetto, si differenzia dal “collega Punteruolo” per la sua maggiore violenza con cui aggredisce piante ed alberi, causando anche più danni del precedente, che già ha rovinato gran parte del verde pubblico in diverse città nel mondo, forte del fatto che non c’è una “cura” al suo attacco. La sola cosa da fare è tagliare di netto gli alberi, per evitare la sua propagazione, e in seguito bruciarli. E’ meglio non pensare a cosa potrebbe accadere se i danni già fatti dal “Punteruolo” vadano ad unirsi a quelli del “Tarlo”.
Una visione allarmante e inquietante che, se sommata a tutte le atrocità inferte alla natura (la madre) per mano dell’uomo in questo ultimo secolo, ci da un quadro preciso del futuro che ci aspetta .
E’ singolare poi, come soliti cervelloni della scienza (al soldo dei padroni furbacchioni), siano stati in grado di assemblare le peggiori “armi” di distruzioni di massa, ma incapaci di produrre anche le più semplici soluzioni per migliorare la vita dell’uomo e il suo habitat. Il risultato si evince dal contenuto di questo articolo dove, allo sterminio delle api, corrisponde di contro un aumento esponenziale degli insetti divoratori e distruttori. Così il maligno avanza, mentre il bene retrocede, cedendo il passo all’ottusità di questo mondo insensato in balia di una eccezionale stupidità.

Gianni Tirelli – con l’ausilio della Rete

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Presentata interrogazione parlamentare sulla base Muos di Niscemi.

Posted in Articoli by admin on 2 Maggio 2013

Durante la visita, il 28 aprile 2013, al presidio permanente di Contrada Ulmo a Niscemi, da parte di Erasmo Palazzotto, deputato SEL, primo firmatario di una interrogazione parlamentare sul MUOS, un gruppo di attivisti lo ha accompagnato in una escursione alla base NRTF della marina degli Stati Uniti, e su una collinetta da dove è possibile osservare il cantiere del MUOS in fase di completamento, ha scattato una serie di foto a documento della giornata e sono state pubblicate sul sito NO MUOS.

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Polizia Provinciale di Ragusa. Sequestrate 70 trappole per conigli per prevenire il fenomeno del bracconaggio.

Posted in Articoli by admin on 30 Aprile 2013

Il Nucleo di Vigilanza Venatoria della Polizia Provinciale di Ragusa, nonostante la stagione venatoria sia chiusa da tempo, e perseguendo l’obiettivo di contrastare il fenomeno del bracconaggio, ha proseguito nella sua azione di controllo. Durante i servizi di controllo predisposti dal Comandante della Polizia Provinciale Raffaele Falconieri nelle zone dell’Ipparino e in contrada Fossa Rotonda, territorio del Comune di Chiaramonte Gulfi, sono state rinvenute numerose trappole per la cattura di selvaggina.
Le trappole, abilmente mimetizzate tra la folta vegetazione, erano posizionate ai margini delle tane o nei percorsi obbligati del coniglio selvatico ed erano costituite da lacci in filo di ferro dello stesso spessore con sistema di cappio a “nodo scorsoio” ancorati ai rami dei cespugli o ad altri elementi fissi. Già alcuni conigli erano stati catturati, così si è deciso di disattivare e sequestrare le trappole metalliche, più di 70, mentre si sta battendo tutta la zona alla ricerca, non facile, di altre trappole tra la fitta vegetazione.
La Polizia Provinciale ha svolto altresì azioni di controllo relativamente alla pesca nelle acque interne iblee e, soprattutto, presso l’invaso della diga S. Rosalia.
A seguito di questi controlli sono stati accertati 10 violazioni amministrative (pesca senza licenza o con attrezzi in numero superiore a quello consentito o con attrezzi vietati, ecc.) con sanzioni pecuniarie in alcuni casi sino a 500 euro. In un caso è stato operato anche il sequestro di una rete (che già aveva catturato alcune carpe) e di alcune canne da pesca.
Fonte RTM

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Api, l’Ue vieta l’uso di pesticidi-killer: 15 stati a favore, Italia vota contro

Posted in Articoli by admin on 30 Aprile 2013
ape_jpg_415368877L’Unione europea cerca di salvaguardare le api dai pesticidi killer che ogni anno causano la moria di milioni di esemplari e il conseguente danno al settore agricolo. La Commissione ha deciso che, a partire dal prossimo primo dicembre, dovranno scattare i divieti di utilizzo, per almeno due anni, di alcuni pesticidi ritenuti potenzialmente letali per la specie. Studi scientifici hanno dimostrato che, quando cariche di nettare e di polline tentano di rientrare nell’alveare, gli insetti “contaminati” perdono l’orientamento e non ritrovano più la strada di “casa”. Così errano per chilometri finché, spossate, muoiono.
La proposta ha provocato una spaccatura tra gli Stati dell’Ue – La proposta della Commissione europea è stata accolta da 15 Paesi, tra cui Francia e Germania. Otto hanno invece votato contro, tra questi anche Italia e Austria. Quattro le astensioni. L’Italia, che solo il 15 marzo si era pronunciata in favore di una moratoria di due anni per tre pesticidi – clothianidin, imidacloprid e thiametoxam – limitatamente a produzioni che attirano le api (mais, colza, girasole e cotone), ora ha fatto un clamoroso dietrofront, rispetto ad un testo che vieta anche i trattamenti fogliari per alberi da frutto. Per la Coldiretti “vietare l’uso dei neonicotinoidi in prefioritura sugli alberi da frutto non ha senso al fine di tutelare le api, soprattutto se sotto i filari del frutteto sono state sfalciate le specie vegetali attraenti per loro, non esiste rischio di tossicità per le api”. La Commissione Ue intende proseguire per la sua strada. Il commissario alla salute Tonio Borg è stato chiaro: “La decisione spetta ora alla Commissione e noi andremo avanti nelle prossime settimane sulla base della nostra proposta”.
Greenpeace: “E’ un altro passo avanti” – Decisione accolta con soddisfazione da Marco Contiero di Greenpeace. Il voto europeo sul bando temporaneo di tre pesticidi nocivi per la salute delle api “è un altro passo verso il bando parziale dei pestici killer delle api e ci dice chiaramente che esiste una forte determinazione a livello scientifico, politico e civile a sostenere il bando. Adesso la Commissione deve fermare immediatamente l’uso di questi pesticidi, il primo passo per proteggere colture ed ecosistemi”. “Qualunque tentennamento – esorta l’associazione ambientalista – significherebbe cedere di fronte alle pressioni di giganti come Bayer e Syngenta”. “Il declino delle api – evidenzia poi Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia – è uno degli effetti più visibili e inequivocabili del fallimento dell’agricoltura di stampo industriale, che inquina l’ambiente e distrugge i migliori alleati degli agricoltori, gli insetti impollinatori. E’ ora di smettere di incentivare pratiche agricole intensive basate sull’uso della chimica, per investire, invece, nello sviluppo di un’agricoltura di stampo ecologico e sostenibile sul lungo periodo”.
Legambiente e Unaapi soddisfatte: “Commissione Ue formalizzi la moratoria” – “Salutiamo positivamente la notizia dell’esito della votazione del comitato Ue sulla moratoria di due anni su tre tipi di pesticidi dannosi per molti insetti e in particolare per le api. Nonostante l’Italia sia tra i paesi che hanno votato contro questa decisione, per motivi legati alla maggiore regolamentazione dell’uso di queste molecole, stimiamo positivamente il fatto che il voto a favore espresso dalla maggioranza dei paesi membri corrisponda all’opinione più diffusa tra i cittadini e gli operatori del settore europei”. I presidenti di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, e dell’associazione degli apicoltori Unaapi, Francesco Panella, commentano così la notizia sui pesticidi-killer che arriva da Bruxelles. “Adesso – affermano – attendiamo fiduciosi la formalizzazione della moratoria da parte della Commissione europea”.
30 aprile 2013
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Come Don Chisciotte (Le bugie del governo Monti sul MUOS di Niscemi)

Posted in Articoli by admin on 24 Aprile 2013

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Un “disguido”. Cioè un mero errore d’interpretazione o di valutazione degli atti predisposti dalla Regione Siciliana che ha consentito al Pentagono di fare un piccolo passo avanti nella costruzione del terminale terrestre del MUOS di Niscemi. Così, in barba al decreto di revoca delle autorizzazioni ai lavori d’installazione delle tre mega-antenne del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari all’interno della riserva naturale “Sughereta”, firmato a Palermo lo scorso 29 marzo, tecnici ed operai hanno ottenuto l’Ok a completare pure il terzo traliccio dell’impianto di morte della Marina militare Usa.

Secondo il viceministro degli Esteri Staffan de Mistura e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, si è trattato però di un semplice malinteso. “I due uomini di governo che abbiamo incontrato a Roma lunedì 15 aprile ci hanno comunicato che c’è stato un disguido con la revoca dei lavori del MUOS”, spiega il sindaco di Niscemi Francesco La Rosa. “Ci hanno però assicurato che i lavori sono stati bloccati almeno fino al prossimo 31 maggio, quando sarà depositato lo studio sull’impatto elettromagnetico delle antenne che è stato commissionato all’Istituto Superiore della Sanità. Sino ad allora verranno garantite solo le attività di manutenzione della stazione di telecomunicazione e gli unici ingressi nella base saranno quelli dei militari statunitensi preposti al suo funzionamento”.

Con o senza revoca, i lavori del MUOS potranno ripartire dunque l’1 giugno se l’ISS darà il suo star bene all’impianto. L’ipotesi di assegnare a quest’organismo l’ultima parola sull’installazione del sistema satellitare è stata fortemente caldeggiata proprio dalla giunta Crocetta, nonostante in tanti avessero espresso dubbi sull’effettiva “indipendenza” dell’istituto noto per le sue posizioni negazioniste in tema di rischio elettromagnetico. I giornalisti Alessio Ramaccioni e Pablo Castellani ricordano nel volume Onde Anomale (Editori Riuniti, Roma, 2012) come Radio Vaticana per difendersi dalle accuse d’inquinamento ambientale nel procedimento penale che l’ha vista poi condannata, si sia affidata alla consulenza tecnica della dottoressa Susanna Lagorio dell’Istituto Superiore di Sanità. Né Rosario Crocetta né il governo Monti hanno poi tenuto conto delle richieste dei No MUOS e del Movimento 5 Stelle di far partecipare ai lavori della commissione il professore Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino che insieme al fisico Massimo Coraddu ha provato l’insostenibilità ambientale del MUOS. “Anche se non ne farò parte perché non mi hanno voluto vi scrivo io già ora le conclusioni a cui giungerà la Commissione dell’Istituto Superiore di Sanità”, ironizza il docente del Politecnico. “Allo stato dell’arte, non risulta in letteratura alcuna prova di correlazione dimostrabile fra campi elettromagnetici ed effetti sulla salute. Quindi non vi è il minimo rischio per la popolazione. I rappresentanti istituzionali a livello territoriale si accorgeranno così come da Roma li hanno beffati…”.

L’impegno dell’esecutivo a congelare l’affaire MUOS sino a fine maggio contrasta poi con quanto dichiarato il 10 aprile scorso dal Ministero della Difesa in un comunicato stampa. Dopo aver ribadito che l’installazione delle parabole “potrà iniziare soltanto quando saranno resi noti i risultati dello studio indipendente”, il dicastero retto da Giampaolo Di Paola ha inteso far sapere che a Niscemi proseguiranno comunque i “lavori di predisposizione” del MUOS. Un gioco di parole per mascherare la violazione dello stop alle attività del cantiere concordato a metà marzo da Mario Monti e il presidente Crocetta, violazione documentata con foto e filmati dai militanti e dalle Mamme No MUOS. Con la conseguenza che il Movimento che si oppone al progetto ha dovuto riprendere le azioni di blocco della base militare di contrada Ulmo per impedire l’ingresso degli automezzi delle aziende contractor. “Il successo della grande manifestazione nazionale del 30 marzo a Niscemi ed il provvedimento di revoca delle autorizzazioni da parte della Regione Sicilia non hanno fermato, ma anzi ringalluzzito l’arroganza della Marina militare statunitense nella prosecuzione dei lavori di costruzione del MUOS, umiliando ancora una volta la sovranità popolare e l’ARS”, commenta Alfonso Di Stefano del Comitato No MUOS – No droni di Catania. “Vista l’inefficacia pratica dei provvedimenti istituzionali e giuridici è solo grazie alla vigilanza e alla prosecuzione dei blocchi che è stato impedito in questi giorni il transito dei mezzi, praticando così dal basso la revoca dei lavori”.

La resistenza non violenta dei giovani e delle donne No MUOS ha ridato ancora una volta i suoi frutti. Da alcuni giorni i cantieri sono tornati ad essere deserti. Scortati da decine di volanti della polizia e dei carabinieri solo i furgoni che trasportano i militari hanno fatto ingresso nella Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi. Gli attivisti lamentano però la prosecuzione delle azioni di provocazione da parte dei tutori dell’ordine con spintonamenti, identificazioni, schedature di massa e finanche un placcaggio da rugby per bloccare un attivista diretto ai cancelli della base.

“Il fatto che la polizia italiana scorti gli operai che entrano al cantiere, ci fa capire purtroppo che le direttive che partono da Roma vanno nella direzione opposta a quella dell’atto di revoca della Regione Siciliana”, commenta Paola Ottaviano del Comitato No MUOS di Modica. “Quello che davvero ci ha stupito è stato però il silenzio assordante da parte delle istituzioni regionali di fronte alle palesi violazioni del governo. L’assessore all’Ambiente, Maria Lo Bello, anziché spiegare in che modo la Regione avrebbe garantito l’efficacia e la messa in atto della revoca, rivolgendosi alla magistratura dopo aver constatato l’avanzamento dei lavori, si è limitata a chiedere un chiarimento al ministero della difesa. E per supplire per l’ennesima volta alle mancanze degli organi istituzionali, cittadini e attivisti hanno presentato diversi esposti alla Procura di Caltagirone”. Le illegalità verificatesi nei cantieri del MUOS ad aprile sono state stigmatizzate dall’avvocato catanese Sebastiano Papandrea. “I provvedimenti di revoca, pur essendo soggetti all’ordinario termine di impugnazione di 60 giorni, hanno efficacia immediata sin dalla loro notificazione e pertanto, ove essi siano stati regolarmente notificati, appare illegittima la prosecuzione dei lavori che avrebbero dovuto essere immediatamente arrestati”.

Il Movimento No MUOS s’interroga intanto su come rilanciare la lotta contro l’installazione del nuovo sistema di guerra planetario Usa, consapevole che i giri di valzer e le ipocrisie del governo continuano anche per sfiancare le proteste e rafforzare i dispositivi di repressione. Per superare l’empasse e imporre il cambio di rotta sul MUOS è necessario che il Parlamento, prima possibile, si pronunci apertamente sul sistema satellitare e approvi una mozione che dica chiaramente “No” alla sua installazione nel territorio italiano, vincolando l’esecutivo a revocare tutte le autorizzazioni alle forze armate statunitensi. Un pronunciamento dal rilevante valore storico che consentirebbe di riaprire il dibattito politico generale sulla presenza delle installazioni militari Usa e Nato in Italia e sulla loro chiara incostituzionalità.

Non a caso per lanciare la campagna di primavera No MUOS è stata scelta la data simbolica del 25 aprile, giornata di Liberazione dalle basi di guerra. Il Presidio permanente di contrada Ulmo sarà la sede-laboratorio di dibattiti, iniziative ecologiche, artistiche e culturali per valorizzare la riserva orientata protetta, praticare e socializzare il rispetto di un ambiente unico nel Mediterraneo e rendere permanente la mobilitazione popolare contro la militarizzazione e i conflitti che insanguinano il pianeta. La partita è apertissima a condizione di mantenere la massima unità attorno agli obiettivi strategici comuni.

Antonio Mazzeo
21.04.2013

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Haarp-Muos, guerra climatica: prove tecniche di apocalisse

Posted in Articoli by admin on 18 Aprile 2013
Inondazioni, siccità, terremoti e tsunami: dopo le “guerre stellari”, i cataclismi telecomandati? Bomba climatica, un fantasma si aggira per l’Europa: si scrive Muos, si legge Haarp.

Antenne potentissime, in grado di “bombardare” la ionosfera e pilotare “rimbalzi” devastanti su scala mondiale? Per l’economista canadese Michel Chossudovsky, il sistema installato in Alaska è una vera e propria arma di distruzione di massa: oltre a interferire sulle comunicazioni, le sue antenne possono influenzare i circuiti elettrodinamici delle aurore, correnti naturali di elettricità da un milione di megawatt. «E’ possibile utilizzare il vento solare per danneggiare i satelliti e le apparecchiature installate sui sistemi missilistici dei paesi nemici».

Radiazioni ad alta frequenza: il programma di ricerca più controverso al mondo s’incrocia con le attività dell’Nrtf di Niscemi, il sistema “Naval Radio Transmitter Facility” che da più di vent’anni assicura le comunicazioni con navi e sottomarini nucleari. Cui ora si affianca il “Mobile User Objective System”, l’eco-mostro di cui la Sicilia ha paura. Il Muos, nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della marina Usa, dovrà assicurare il collegamento in tempo reale dell’intera rete militare dispiegata sulla Terra: centri di comando e controllo, logistica, cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, droni. Obiettivo: decuplicare velocità e quantità delle informazioni trasmesse. C’è chi vede il rischio di un incidente dietro l’angolo: il semplice errore di un computer potrebbe innescare una guerra nucleare, chimica o batteriologica?

Le tre maxi-antenne in costruzione a Niscemi, racconta Antonio Mazzeo sul suo blog, produrranno un mix di onde elettromagnetiche capaci di penetrare la ionosfera con potenziali effetti devastanti per l’ambiente e la salute dell’uomo. Originariamente il progetto era stato previsto per Sigonella, il quartier generale dei droni Usa, ma poi gli americani si sono accorti che le emissioni del Muos avrebbero anche potuto far esplodere per errore gli ordigni della grande base Nato siciliana, celebre dai tempi in cui Craxi osò negare a Reagan la consegna dei dirottatori palestinesi dell’Achille Lauro. Da anni la Sicilia è in allarme: all’iniziale ok del governatore Lombardo è seguito il “no” dell’attuale presidente Crocetta. Sul fronte giudiziario, percorso inverso: prima la richiesta di sequestro del sito da parte della Procura di Caltagirone, poi lo stop imposto dal tribunale di Catania, nonostante la devastazione ambientale inferta all’area protetta della Sughereta di Niscemi. Da lì la nascita del movimento popolare No-Muos, che – sul modello dei No-Tav valsusini – ostacola la vita del cantiere cercando di bloccare la circolazione dei mezzi, sfidando la repressione dei reparti antisommossa. Per il Politecnico di Torino, il Muos è insostenibile: entro i 20 chilometri,  l’esposizione alle radiazioni è pericolosa per la salute e può provocare il cancro, dicono i professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu. Inoltre, le onde elettromagnetiche minacciano la sicurezza del traffico aereo civile, interferendo pericolosamente con la strumentazione di Antonio Mazzeobordo. Nel mirino il nuovo aeroporto di Comiso, prossimo all’apertura, ma anche quelli vicini, Catania e Sigonella. «Nel Movimento No-Muos – scrive Mazzeo – si avverte il timore che il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate Usa possa essere in qualche modo legato all’Haarp». Il famigerato “High Frequency Active Auroral Research Program” è il discusso programma di “ricerca attiva aurorale” ad alta frequenza che dal 1994 l’aviazione e la marina statunitensi portano avanti dalla base di Gakona, in Alaska. Per Washington, l’Haarp serve solo a «studiare la ionosfera ed evitare gravi fenomeni atmosferici», ma più di uno studioso ipotizza che i test e le attività della megastazione artica servano invece a creare enormi perturbazioni ambientali e climatiche.

Per il fisico indipendente Corrado Penna, le antenne Muos avrebbero fini non dichiarati di modificazione ambientale in sinergia con il sistema Haarp: secondo Penna, queste tecnologie possono servire «a causare terremoti o altri fenomeni come siccità, uragani e inondazioni, sia Corrado Pennaindirizzando le emissioni sul nucleo della Terra (influendo così sul magnetismo terrestre), sia indirizzandole sulla ionosfera». Non una parola, finora dai governi: il caso Muos non rientra nell’agenda pubblica di Roma e tantomeno in quella di Washington. Idem Bruxelles: silenzio assoluto dall’Unione Europea, che pure detta ogni giorno le sue durissime condizioni agli Stati “vassalli” dell’Eurozona. La questione è stata affrontata solo dal Parlamento Europeo a partire dal ’98, con un’audizione pubblica sull’Haarp a cui la Nato decise di non partecipare. Gli europarlamentari, ricorda Mazzeo, riuscirono comunque a scoprire che i programmi di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza sono condotti dai militari americani in collaborazione con l’Istituto di geofisica dell’università di Fairbanks, in Alaska. Progetti analoghi sarebbero condotti pure in Norvegia, probabilmente in Antartide, e nell’ex Unione Sovietica. «Attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera dove si trovano enormi campi magnetici protettivi denominati “Fasce di Van Allen”, i quali intercettano protoni, elettroni e Maj Britt Theorinparticelle alfa». L’energia così generata riscalda alcune parti della ionosfera, provocando buchi e lenti artificiali. «L’Haarp può essere impiegato per molti scopi», scrive  la svedese Maj Britt Theorin, fino al 2004 eurodeputata e relatrice della proposta di risoluzione (mai adottata) sull’uso potenziale delle risorse di carattere militare per le strategie ambientali. Secondo l’allora coordinatrice della commissione sulla sicurezza del Parlamento Europeo, «manipolando le proprietà elettriche dell’atmosfera si è in grado di porre sotto controllo forze immani». E usandole come un’arma, a scopo militare, «le conseguenze potrebbero essere devastanti per il nemico». Attraverso l’Haarp «è possibile convogliare in una zona prestabilita energia milioni di volte più intensa di quella che sarebbe possibile inviare con qualsiasi altro trasmettitore tradizionale». Quella stessa energia «può anche essere indirizzata verso un obiettivo mobile, per cui si potrebbe applicare anche contro i missili del nemico».

Forse per questo Washington ha perfezionato la tecnologia Haarp nell’ambito dello “scudo spaziale”, la cosiddetta “Iniziativa di Difesa Strategica” che sviluppa le “guerre stellari” evocate da Reagan per scoraggiare l’Urss alla fine della guerra fredda. Oggi, il terminale Muos di Niscemi potrebbe essere destinato alla guerra fredda di domani, quella con la Cina. Manipolare l’atmosfera a scopo militare? Niente di nuovo, rivela il generale Fabio Mini, già comandante delle forze Nato in Kosovo. I primi esperimenti per alterare la ionosfera, racconta Mini, risalgano perlomeno alla seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso: nel 1958 le forze armate Usa fecero esplodere tre ordigni atomici a fissione nella parte inferiore della “Fascia di Van Allen” e due ordigni a fusione nella parte alta dell’atmosfera, alterando l’equilibrio della ionosfera. Esperimenti che continuarono fino al 1962, quando le dirompenti poteste della comunità scientifica internazionale costrinsero Washington a sospenderli.

Nello stesso periodo iniziarono le sperimentazioni nucleari sovietiche nella ionosfera e nelle “Fasce di Van Allen”. «Oggi – afferma Mini – sono proprio i radar meteorologici ad individuare, spesso in corrispondenza di aree colpite da gravi fenomeni atmosferici, le segnature circolari tipiche delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza come quelle generate dalle emittenti di onde longitudinali, onde scalari, silent sound e di quelle delle trasmittenti Haarp». In un suo recente saggio sulle guerre climatiche (“Owning the weather”, Limes) il generale Mini rileva come da ormai diversi anni la ricerca militare si sia rivolta sia alle bassissime frequenze (Elf) sia a quelle alte. «In entrambi i casi lo scopo è quello d’interferire con la ionosfera in modo da aumentare o diminuire fino alla soppressione le capacità di trasmissione di segnali radiomagnetici».

Le emissioni dei trasmettitori Haarp, che avvengono quasi regolarmente in quattro periodi dell’anno, sono in grado di inviare nella ionosfera raggi di potenza superiore al gigawatt. «Gli scienziati che si occupano del programma negano che la loro attività abbia una qualsiasi valenza militare o che interferisca con l’ambiente naturale. Tuttavia – puntualizza Mini – il termine “auroral” che fa parte del suo acronimo si riferisce al fenomeno delle aurore boreali che si determinano nella zona di confine tra ionosfera e atmosfera quando emissioni ad altissima energia provenienti dal sole vengono convogliate dal magnetismo terrestre verso i poli e vanno a collidere con le particelle più rarefatte dell’atmosfera». Haarp nega che le sue emissioni siano in grado di produrre artificialmente questo fenomeno. Eppure, «le emissioni sono dirette esattamente verso la stessa Haarpzona e hanno caratteristiche molto simili a quelle ad alta energia provenienti dal sole». Proprio a causa dell’implementazione del sistema Haarp come possibile arma climatica per manipolare l’ambiente, la commissione presieduta da Maj Britt Theorin ha chiesto inutilmente la sospensione di tutte le attività sperimentali.

Senza risultato anche l’altra richiesta dell’ex europarlamentare, intenzionata a sottoporre a un organismo internazionale indipendente l’analisi delle conseguenze giuridiche, ecologiche ed etiche dell’oscura sperimentazione in corso in Alaska. «Tutta una serie di atti normativi internazionali fanno risultare l’Haarp assai dubbio non soltanto dal punto di vista umano e politico, ma anche da quello giuridico», sostiene la Theorin, citando la Convenzione sul divieto dell’utilizzo a scopi militari o ad altri scopi ostili delle tecniche di modificazione dell’ambiente, ma anche il Trattato Atlantico, quello sui principi per il comportamento degli Stati nell’esplorazione dello spazio e la stessa Convenzione dell’Onu sulle leggi del mare. 

Top secret, il terreno è minato: Haarp sarebbe persino in grado di scandagliare a raggi X la Terra per vari chilometri di profondità, con un’apposita tomografia a effetto penetrante, per esplorare campi di petrolio e di gas, ma anche attrezzature militari sotterranee. Radar di potenza inimmaginabile, capaci di vedere oltre l’orizzonte e di definire gli oggetti a grande distanza. E’ accertato che, dalle prime bombe atomiche fatte esplodere nelle “Fasce di Van Allen”, gli Usa sondano gli effetti ad un’altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell’intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Gli esperimenti hanno creato nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutto il globo terrestre: «Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un’aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord», aggiunge Maj Britt Theorin. «Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la “Fascia di Van Allen”». Secondo scienziati americani, i danni all’atmosfera si ripercuoteranno per secoli. Inoltre, «l’Haarp può anche influenzare tutto l’ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica». E le potenti onde radio «possono causare buchi ionosferici, pregiudicando il sistema che ci protegge dalle radiazioni provenienti dal cosmo».

Fonte: Stampa Libera

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A un italiano il «Nobel per l’ambiente»

Posted in Articoli by admin on 15 Aprile 2013

IL PREMIO ASSEGNATO A LOS ANGELES
Il Goldman Prize a Rossano Ercolini, fondatore del movimento «Rifiuti Zero»: da 15 anni non vinceva un italiano

«Sono sotto choc. Sapevo che il mio lavoro era conosciuto e seguito da molti, ma non pensavo che lo fosse anche a livello internazionale». Rossano Ercolini, 58 anni, fondatore del movimento «Rifiuti Zero», stenta ancora crederci. Perché vincere il «Goldman Environmental Prize 2013», conosciuto da tutti come il «premio Nobel dell’ecologia», non è cosa da tutti. Lui ci è riuscito lunedì. Erano 15 anni che il riconoscimento non veniva assegnato a un italiano (l’ultima fu Anna Giacobbe, nel 1998): un riconoscimento importante e una somma – 150 mila dollari – che rappresenta ad oggi la più grande somma corrisposta per l’attivismo ambientale di base.

 

IMPEGNO AMBIENTALE – Maestro elementare a Capannori, in provincia di Lucca, l’impegno verde di Ercolini parte oltre quarant’anni fa, negli anni Settanta, quando per la prima volta vennero resi noti i piani per la costruzione di un inceneritore vicino alla scuola dove lavorava. Anni dopo, nel 1994, i progetti di costruire due inceneritori a Lucca, sua città natale, lo convinsero a impegnarsi in prima linea per affrontare il problema dei rifiuti. Ma nel «curriculum» di Ercolini c’è soprattutto «Rifiuti Zero», associazione da lui fondata, che ha portato negli ultimi anni ben 117 Comuni italiani a chiudere i propri inceneritori e a convertirsi al riciclo dei rifiuti. Nel 2011, riuscì a convincere anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ad aderire al protocollo internazionale Rifiuti Zero. Un impegno che è stato raccontato nel volume «Zero Rifiuti» (Altreconomia) e in «Rifiuti Zero, una rivoluzione in corso» (Dissensi Edizioni ).

LE MOTIVAZIONI – Come ha spiegato la giuria del Goldman, si è scelto di premiare Ercolini poiché «quando sentì parlare dei progetti di edificazione dell’inceneritore nel suo Comune, ritenne di avere la responsabilità, come educatore, di proteggere il benessere degli studenti e di informare la comunità in merito ai rischi dell’inceneritore e alle soluzioni per la gestione sostenibile dei rifiuti domestici del paese». A partire dai suoi alunni, a cui Ercolini «ha insegnato a riciclare la carta», facendo in modo che la mensa della scuola sostituisse bottiglie e posate di plastica con brocche, bicchieri e posate riutilizzabili».

GLI ALTRI VINCITORI – Tra gli altri vincitori del premio ci sono Jonathan Deal, attivista sudafricano contro il fracking, e Azzam Alwash, ecologista che si è battuto contro la siccità delle paludi irachene. L’elenco completo dei premiati si può vedere sul sito del «Goldman prize».

LA LEGGE IN CASSAZIONE – Intanto, lo scorso 27 marzo è stata depositata in Corte di Cassazione la legge d’iniziativa popolare «Rifiuti Zero», che mira a una riforma organica del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti e si articola attorno a cinque parole chiave: sostenibilità, ambiente, salute, partecipazione e lavoro. La raccolta firme a sostegno della proposta di legge, per riportare al centro della discussione politica le proposte virtuose nella gestione dei rifiuti, è già partita.

Federica Seneghini
fseneghini@corriere.it

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Attivisti no Muos: “Ci sono tecnici al lavoro di nascosto”

Posted in Articoli by admin on 9 Aprile 2013

Annunciano che torneranno alle barricate a Niscemi: “Si continua a lavorare al sistema satellitare malgrado la revoca del governo regionale”.

NISCEMI. La tregua rischia di saltare. Gli attivisti No Muos annunciano che torneranno alle barricate, a Niscemi, per impedire il passaggio di uomini e mezzi diretti alla base Usa di contrada Ulmo dove «tecnici continuano a lavorare di nascosto alla costruzione del sistema satellitare ad alta frequenza malgrado le ordinanze di revoca delle autorizzazioni emesse dal governo regionale». A sostegno della tesi il comitato mostra le immagini registrate a distanza dal reporter free-lance nonchè regista Manolo Luppichini che sta realizzando un documentario, sulla stessa linea di quello realizzato in Val di Susa, dal titolo ‘Fratelli di Tav’. Nel filmato, ripreso da diversi siti, si vedono operai in attività vicino alla parabola del Muos, che entrano ed escono da una botola sottostante il grande radar, dove sarebbero stati posati cavi elettrici e realizzati collegamenti. «Ci sentiamo tradite, prese in giro dagli americani che avevano garantito il blocco assoluto dei lavori – dice Concetta Gualato, coordinatrice delle ‘Mamme No Muos’ – Temevamo che fosse tutto un imbroglio perchè già una volta scoprimmo elettricisti di Niscemi viaggiare sui convogli militari travestiti da soldati. Ma ci presero per visionarie e ci denunciarono per i blocchi».  Il movimento ha deciso di convocare, tra domani e mercoledì, a Niscemi, il coordinamento di tutti i gruppi No Muos per concordare iniziative congiunte.  

IL SINDACO DI NISCEMI: “CROCETTA FACCIA RISPETTARE LA REVOCA”. Una copia delle immagini di tecnici che avrebbero continuato a lavorare alla costruzione del Muos, il sistema satellitare ad alta frequenza militare Usa, dopo le ordinanze di revoca delle autorizzazioni emesse dal governo Regionale Siciliano è stata inviata dal sindaco di Niscemi, Francesco La Rosa, al governatore Rosario Crocetta e all’assessore al Territorio, Mariella Lo Bello, e al prefetto di Caltanissetta perchè «intervengano urgentemente». «Il presidente Crocetta – ha affermato il sindaco di Niscemi – deve imporre agli americani il rispetto delle sue ordinanze di revoca, se non lo farà e se non ci sentiremo tutelati ci rivolgeremo alla magistratura».  La Rosa ha anche «lanciato un appello alla mobilitazione ai sindaci del territorio, perchè – ha osservato – non è più tempo di passerelle, ma è l’ora di agire».

Fonte: Giornale di Sicilia

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I pesticidi contaminano metà delle acque di laghi e fiumi italiani

Posted in Articoli by admin on 9 Aprile 2013

Metà delle acque di laghi e fiumi italiani è contaminata da pesticidi. E aumenta il numero di sostanze pericolose trovate nelle acque, sia superficiali che sotterranee: nel 2010 sono stati individuati ben 166 tipi diversi di pesticidi, a fronte dei 118 del biennio 2007-2008. L’aumento è anche segno che oggi i controlli sono più accurati rispetto a qualche anno fa. Una magra consolazione, però. Molti sono infatti i dati preoccupanti resi noti dall’Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale) nel “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque 2013″, realizzato sulla base dei monitoraggi delle acque comunicati all’Ispra dalle Regioni e dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione ambientale.

Il 55,1 per cento delle acque superficiali (fiumi, laghi e paludi) e il 28,2 per cento di quelle sotterranee sono contaminati. A rischio sono sia gli organismi acquatici che l’uomo, esposto ai contaminanti attraverso il cibo e l’acqua. Le “acque utilizzate per scopo potabile – fa infatti sapere l’Ispra – spesso attingono agli stessi corpi idrici” degli ecosistemi acquatici. E superano i livelli massimi di pesticidi consentiti per le acque potabili il 34,4 per cento delle acque superficiali analizzate e il 12,3 di quelle sotterranee.

Sotto accusa è soprattutto la nostra agricoltura, che detiene il record europeo di quantità d’impiego di fitosanitari: 5,6 chili per ettaro (dati Istat), 350 sostanze tossiche diverse, 140mila tonnellate all’anno, che da sole fanno il 33 per cento del totale usato in tutta l’Unione europea. Nelle acque ci sono anche sostanze fuori commercio da anni, come le triazine atrazina e simazina. Vengano ancora usate illegalmente? “Non si può escludere in via di principio, ma penso invece che la loro rilevazione sia dovuta alla loro persistenza”, spiega Pietro Paris, coordinatore del rapporto. Incriminati anche i biocidi, cioè quei pesticidi che includono i disinfettanti domestici, i preservanti del legno, gli anti-incrostanti per le imbarcazioni e gli insetticidi domestici, che spesso hanno, anche se in dosi diverse, lo stesso principio attivo di quelli usati in agricoltura. “Per i fitosanitari abbiamo informazioni sulle vendite, ma non per i biocidi, per i quali un monitoraggio è più difficile”, dice Paris.

E spesso non aiutano a fare chiarezza le stesse Regioni e le Agenzie per la protezione ambientale, che in molti casi non comunicano all’Ispra i dati sulle contaminazioni oppure lo fanno in modo parziale. Nelle mappe Ispra infatti mancano i dati di Liguria e Calabria e sono troppo pochi per essere utili quelli di Campania, Sardegna, Basilicata, Lazio, Molise e più o meno di tutte le Regioni a esclusione di quelle della pianura padano–veneta, in cui di conseguenza l’inquinamento appare maggiore. “Se una Regione non ci invia i dati non possiamo farci niente: dal 2006 operiamo senza un contesto normativo definito e senza la possibilità di invocare adempimenti e scadenze”, dice Paris. E i dati che fine fanno? “Li comunichiamo ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole. In certi casi di inquinamento conclamato ci sono stati interventi positivi, ma non basta. In Francia, già da prima del 2005, sulla base di risultati analoghi ai nostri, sono state revocate tutte le triazine. Noi abbiamo ancora il terbutilazine, che è la sostanza più rinvenuta in assoluto in Italia. Da noi – denuncia Paris – molte sostanze sono state revocate, ma solo perché è stato fatto a livello europeo”.
di Ilaria Lonigro

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Niscemi, il MOUS e le altre antenne USA

Posted in Articoli by admin on 3 Aprile 2013

mous

Gli americani avevano deciso di costruire la quarta stazione del sistema mondiale di comunicazione militare in una delle più antiche sugherete d’Europa. Ai primi controlli l’Arpas scoprì che lì c’era già un grande impianto di 46 antenne mai verificato prima. Una lunga battaglia: le pressioni statunitensi sui politici italiani, le minacce a Crocetta, le misurazioni dell’impatto ambientale ostacolate dagli americani. Fino allo stop deciso recentemente dalle Regione. Ma la partita non è chiusa.

NISCEMI – Niscemi non è un paese come gli altri. Se ci si allontana di qualche chilometro a sud dal centro, in direzione della  Sughereta, non ci si imbatte solo in alberi e arbusti. Tre gigantesche antenne paraboliche verniciate d’azzurro si stagliano in mezzo al verde: è il Muos, un sofisticato sistema di comunicazione satellitare, di proprietà della Marina militare americana. L’ultima delle quattro stazioni terrestri che permetteranno di coordinare tutte le comunicazioni dell’esercito americano in ogni angolo del pianeta. Insieme alle altre basi già completate in Virginia, Hawaii e Australia, servirà a collegare tutti gli utenti mobili, dai droni, ai sottomarini, alle truppe di terra. Solo, però, se i lavori saranno portati a termine. Il Muos di Niscemi è infatti bloccato dopo la revoca delle autorizzazioni disposta dal governatore siciliano Rosario Crocetta che proprio ieri ha confermato ufficialmente lo stop.

Visto dal satellite, il cantiere appare come una piccola macchia bianca in una distesa brulla. A occhio nudo, le grandi parabole (22 metri di diametro) sono visibili dal belvedere del centro storico, che dista solo sei chilometri dalla Base radio Nrtf che le ospita. Una base dotata di ben 46 trasmettitori posizionati all’interno di una delle più antiche sugherete d’Europa, un’area naturale protetta e classificata come sito d’interesse comunitario fin dal 1997.

La Nrtf risale al 1991, e per oltre 20 anni nessuno si è mai posto il problema degli effetti sulla salute del campo elettromagnetico generato da quelle antenne, che si stagliano a perdita d’occhio. Sullo sfondo, in lontananza, il polo petrolchimico di Gela, con i suoi fumi e l’odore acre che brucia la gola. La costruzione del Muos ha attirato l’attenzione su quello che formalmente è un distaccamento della base militare americana di Sigonella (distante 60 chilometri) ma legalmente di proprietà del demanio militare italiano. Su quella base non è mai stato effettuato uno studio di impatto ambientale. “La prima cosa di cui ci siamo accorti, arrivati sul posto per fare i rilievi, è che c’era una base di cui non eravamo a conoscenza – ricorda l’ingegnere dell’Arpas Stefano Caldara – Le antenne della Base radio non sono mai state autorizzate da alcun ente né valutate dall’Arpa, anche perché preesistenti alla nascita dell’agenzia stessa”. Nessuna autorizzazione è stata mai chiesta per la costruzione della base Nrtf, e senza di quella nessun ente è mai stato incaricato di effettuare un monitoraggio della situazione.

Fino al 2008, quando il nuovo progetto arriva sul tavolo della Conferenza degli enti locali, chiamata a rilasciare l’autorizzazione, l’unico studio sulle radiazioni emesse dal nuovo impianto Muos è un documento redatto dagli stessi americani, povero di dati ma ricco di rassicurazioni sulla non nocività dell’opera. Nessun accenno alla base già esistente. In pratica, un’autocertificazione, sufficiente al ministero della Difesa per firmare nel 2006 l’accordo con il governo statunitense che avvia il progetto e lo stanziamento di 11 milioni di euro per i lavori. Lavori che ufficialmente inizieranno solo nel giugno del 2011, con la firma del protocollo d’intesa tra la regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della difesa La Russa. Molti, tra attivisti del movimento “No Muos” e abitanti della zona, parlano però di scavi e lavori iniziati già nel 2008. La base Nrtf infatti è protetta solo da una recinzione metallica, costruita di recente senza permesso, e dalle case più vicine, distanti poche centinaia di metri, è possibile vedere tutto quello che succede all’interno.

Nel settembre del 2008, le rassicurazioni americane bastano alla Conferenza per concedere il nulla osta. Eppure, il giorno dopo, il comune di Niscemi torna sui suoi passi e chiede la revoca immediata del provvedimento “a seguito di nuovi elementi riportati dagli organi di stampa”. “C’è stata una sottovalutazione – ammette l’allora sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino – All’inizio infatti si pensava che alcune delle antenne esistenti dovessero essere sostituite da quelle del Muos. Quando poi un giornalista mi aprì gli occhi sui rischi legati al nuovo progetto, subito ci siamo adoperati per capirne di più”. Da qui in poi inizia una lunga battaglia amministrativa, che culmina con il ricorso al Tar. Nel frattempo però, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa), viene incaricata di effettuare un monitoraggio della situazione esistente e una valutazione del nuovo impianto Muos.

L’agenzia produce quindi una prima istruttoria già nel febbraio del 2009, ma la valutazione è incompleta: gli americani infatti non forniscono tutti i dati necessari, né sulla base radio né sul Muos, perché coperti da segreto militare. I tecnici dell’Arpa fanno a meno dei dati tecnici e si basano esclusivamente sull’attività di monitoraggio, ma le difficoltà ad operare sono tante. La normativa italiana prevede infatti che venga effettuato con gli impianti operanti alla massima potenza. Ma il 26 gennaio 2009, giorno concordato per effettuare le misurazioni, le centraline, invece di segnare un incremento dell’intensità, registrano un calo. Un dato che suscita i dubbi dei due consulenti tecnici del Comune di Niscemi, i professori Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, che nel novembre del 2011 pubblicano una contro-relazione alle misurazioni effettuate dall’Arpa. L’Agenzia motiva l’anomalia con l’interferenza della “Verden”, l’unica antenna sempre attiva, quella a bassa frequenza (46 KHz), utilizzata per comunicare con i sottomarini in immersione. Secondo i due consulenti, invece, gli americani semplicemente hanno barato: “Invece di aumentare le emissioni, quel giorno i militari le hanno ridotte”, denuncia Coraddu. L’interpretazione dei due consulenti sui dati raccolti da Arpas divergono completamente da quelle dei tecnici dell’Agenzia. Alcune centraline, ad esempio, rilevano sempre più spesso il raggiungimento dei limiti di emissione, fissati dalla legge italiana a 6 volt per metro. Dati che Arpas motiva ancora una volta con un difetto nella misurazione, causato dall’interferenza della Verden. Alcuni dati poi, non vengono neanche forniti ai due consulenti perché non in possesso del comune. Una circostanza che Arpas ha sempre smentito, confermando di aver trasmesso all’ufficio tecnico del comune tutta la documentazione elaborata dal 2008 in poi.

Le incongruenze si susseguono, tanto che la questione finisce in Assemblea regionale, in un’audizione della Commissione Territorio e Ambiente convocata lo scorso 5 febbraio. Qui emergono tutte le contraddizioni tra i vari studi realizzati sul Muos. Il più controverso è quello prodotto dai professori Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, dell’Università di Palermo. Lo studio, commissionato dalla società Urs di Milano di proprietà di un gruppo californiano, avrebbe infatti utilizzato alcuni dati tecnici forniti dagli stessi americani. Dati che, però, i due tecnici non possono fornire perché coperti da segreto militare. Non solo: i due professori aggiungono che parte delle antenne radio già esistenti verrà spenta quando il Muos entrerà in funzione. Ma il presidente della Commissione, il grillino Giampiero Trizzino, smentisce: “Se ci sono documenti che attestano lo spegnimento delle vecchie antenne appena il Muos entrerà in funzione, io non ne ho visti”. Eppure lo studio dei professori di Palermo, tra dati secretati e rassicurazioni non documentate, viene comunque citato nel Protocollo di intesa.

La storia però cambia quando Rosario Crocetta diventa il nuovo governatore della Regione Sicilia. Di di fronte alle crescenti proteste della popolazione, Crocetta vuole capire se queste antenne possono provocare danni. L’undici marzo scorso un vertice tra Regione e Governo decide di affidare all’Istituto superiore di sanità e all’Organizzazione mondiale della sanità il compito di valutare l’impatto delle emissioni sulla salute e sull’ambiente. Ma non tutta la comunità scientifica ha piena fiducia nell’Istituto. Primo fra tutti il professor Gino Levis, uno dei massimi esperti italiani degli effetti dei campi elettromagnetici sull’organismo. “Sono anni che questi organismi si rifiutano di riconoscere quello che una vastissima letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato – spiega  Levis – non occorre la certezza del 100% per poter stabilire il nesso tra le radiofrequenze e l’incidenza di alcune forme tumorali. Ho una pessima opinione di Iss e Oms, ci sono sovrastrutture che condizionano questi istituti. La situazione sanitaria a Niscemi è stata monitorata solo di recente, si sono attivati anche i medici di base del paese, i dati mi hanno impressionato, ma non ho tutti gli elementi per poter dare una valutazione complessiva”. Da quello studio infatti, spiegano alcuni dei professionisti impegnati nel monitoraggio, sono emersi livelli elevati per alcune tipologie tumorali, alcune delle quali si riscontrano solitamente in aree interessate dall’inquinamento elettromagnetico. Mancano però i dati storici e una precisa comparazione con altre aree della Sicilia e del resto d’Italia.

Gli interessi in ballo però, sono enormi, difficile che gli americani decidano di rinunciare ad un progetto miliardario per l’opposizione del comune e dei comitati. Nel 2010, dai dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks emergono le pressioni esercitate, nel 2009, sull’allora ministro della Difesa La Russa per accelerare l’avvio dei lavori del Muos. Gli americani incontrano molte resistenze dagli uffici del Governatore Lombardo e temono uno stop. Si ipotizza lo spostamento del progetto in un altro sito nell’area del Mediterraneo, ma l’atteggiamento disponibile degli italiani convince i vertici Usa a puntare tutto sul nostro paese. La Russa ora nega, eppure sono gli stessi americani a parlare di “utili dichiarazioni pubbliche rese dal ministro” per convincere l’opinione pubblica.  “Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale – ci spiega al telefono l’ex ministro – il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche  valutarlo. E quei documenti lo testimoniano”.

Il caso Muos finisce anche nei verbali dell’inchiesta di Napoli sulla compravendita dei parlamentari che nel 2008 portò alla caduta del Governo Prodi. Il senatore De Gregorio, interrogato,  parla della preoccupazione degli americani per l’ostruzionismo al progetto da parte dell’ala più radicale dell’esecutivo . Poi è Crocetta a parlare espressamente di minacce politiche e poteri forti. Gli stessi poteri secondo lui, che avrebbero portato alla sparizione del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei. “Non so se quanto detto da De Gregorio sia vero, ma è lui stesso a dire di essere stato contattato dalla Cia per far cadere il Governo Prodi perché contrario al Muos. Io di pressioni politiche ne ho ricevute tante, anche dagli americani. E poi quella strana telefonata dagli Stati Uniti che mi minacciava di morte: solo alla luce degli ultimi eventi ho iniziato a vedere la cosa da un’altra ottica”.

Più che la Regione però, a far paura agli americani è il versante giudiziario, con l’attivismo della procura di Caltagirone. Secondo i magistrati guidati dal procuratore Francesco Paolo Giordano, nella costruzione del Muos sarebbero state commesse numerose irregolarità, violando le norme previste per le aree protette. L’area è già stata posta sotto sequestro nell’ottobre 2012, ma il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza. Tutto dipenderà dall’esito del ricorso in Cassazione. Se il sequestro venisse confermato, l’inchiesta potrebbe allargarsi ancora.
di MARINA BONIFACIO, ANNALISA CANGEMI, CARLO DI FOGGIA, CLAUDIO PAUDICE

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