MONTALBANO NUOTERA’ NEL PETROLIO?
Trivellazioni petrolifere: nuovo definitivo attacco al mare ibleo
La provincia di Ragusa terra di conquista dei petrolieri nel silenzio assoluto delle amministrazioni
Montalbano che nuota in una chiazza di petrolio: sarà probabilmente questa la
nuova immagine emblematica dello stato del mare della provincia di Ragusa.
Dopo la colata di cemento e l’espansione serricola su quasi tutta la costa e la
conseguente forte erosione di pressochè tutte le spiagge, sta per arrivare
quella che sarà probabilmente l’ultima definitiva mazzata. Infatti la Provincia
di Ragusa sembra diventata terra di conquista di tutti, in particolare dei
petrolieri. Dopo le ricerche della Panther Oil, fortunatamente sventata, ecco
che arrivano le richieste di trivellazione a mare davanti la costa iblea. Si tratta
della società “Sviluppo Risorse Naturali srl†con sede a Roma, societÃ
controllata dalla Mediterranean Resources LLC con sede in Austin (Texas-
USA).
L’area della ricerca, che riguarda idrocarburi liquidi e cioè petrolio, interessa
uno specchio di mare che va dal comune di Vittoria a quello di Scicli per un
totale di 460 km quadrati partendo dalla costa e fino a 20 km al largo! La
Sviluppo Risorse naturali srl è in possesso di una autorizzazione della
Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie (CIRM) del Ministero
dello Sviluppo Economico rilasciata nella seduta del 06/04/2009.
Il mare del mito, quello di Kamarina e di Caucana, di Punta Secca e di
Sampieri, rischia di trasformarsi in un’enorme zona industriale, con decine di
piattaforme petrolifere davanti alla costa ed il conseguente via vai di
petroliere, con buona pace di tutti i progetti di sviluppo turistico, compreso
quello legato al tanto decantato porto di Marina di Ragusa.
Che succederebbe al nostro ambiente ed alla nostra economia se ci fosse una
perdita di petrolio in mare e il greggio raggiungesse la costa (come è accaduto
ad esempio l’anno scorso sulla costa ionica calabrese)? Che fine farebbero i
nostri pescatori, già in forte difficoltà per la diminuzione della risorsa ittica?
Si tratta di una decisione presa dall’alto, scavalcando i comuni, la provincia e
l’intera comunità , che mette a rischio un diverso modello di sviluppo che cerca
di emergere in provincia, in cui il turismo di qualità svolge un ruolo centrale. I
comuni interessati, pur a conoscenza della richiesta delle ricerche (lo sanno
dai primi di dicembre 2009) non ci risulta siano intervenuti nel procedimento
amministrativo, a meno di non aver presentato all’ultimo momento
osservazioni alla richiesta di Valutazione di Impatto Ambientale.
Ci si chiede però: come mai i comuni non hanno messo in piedi la
stessa protesta che hanno dedicato al parco degli Iblei, chiedendo che
la decisione non fosse calata dall’alto ma discussa prima localmente?
Perché gli enti preposti alla gestione economica in provincia e le
associazioni di imprese non coinvolte con l’affare petrolio non sono
state avvertite di quanto stava succedendo e, se sapevano, perchè non
si sono mossi?
Il nostro futuro o è legato ad uno sviluppo sostenibile, o non è. Il
petrolio non è il nostro futuro!
La mafia a Ragusa
Diacronie Studi di Storia Contemporanea www.studistorici.com N. 3 | 2|2010 | Dossier : Luoghi e non luoghi della Sicilia contemporanea: istituzioni, culture politiche e potere mafioso/ La mafia a Ragusa
La provincia babba nel “cono d’ombra” di Giorgio CACCAMO*
La provincia di Ragusa è stata sempre considerata un’area immune dalla mafia. Se per un lungo periodo questo stereotipo corrisponde al vero, le rare analisi storiche mostrano che a partire dagli anni Sessanta anche negli Iblei si diffondono organizzazioni criminali, tanto legate a Cosa Nostra quanto autonome, come la stidda. Pur ricorrendo talvolta alla violenza, la mafia ragusana occupa soprattutto gli spazi della politica e dell’economia legale. La cronaca giudiziaria dimostra che la provincia di Ragusa è ormai interessata da una “mafia dei colletti bianchi”, impegnata specialmente nel riciclaggio di denaro proveniente da traffici illeciti.
Nella vasta letteratura sui fenomeni mafiosi in Sicilia, la provincia di Ragusa è stata lungamente assente. Per decenni, l’area iblea – ancor più di altre province – è stata considerata parte della cosiddetta Sicilia babba, una zona circoscritta, refrattaria alla presenza della criminalità mafiosa, definita per queste ragioni mite, bonaria, innocua, in siciliano babba,appunto1. Le ragioni di questa lunga assenza dei fenomeni mafiosi nell’area sud-orientale della Sicilia, secondo alcuni analisti dell’Italia postunitaria, andrebbero ricercate addirittura nell’eredità della dominazione greca, durata qui più a lungo che altrove. Queste conclusioni associavano invero la presenza della mafia alla visibilità dei fatti di sangue e di delitti destinati alle grandi cronache, piuttosto rari nella Sicilia orientale. Le testimonianze a cavallo tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del Novecento riferiscono dunque come il fenomeno mafioso fosse limitato alle province occidentali e centrali dell’Isola ed assente nelle “province tranquille” dell’est, non riuscendo tuttavia a spiegare le ragioni di questa differenziazione2. L’unico elemento storicamente riconosciuto come il discrimen tra l’occidente “mafioso” e l’oriente “tranquillo” è la modalità di ripartizione e sfruttamento delle terre. La mafia agraria è nata difatti nella zona tipica del feudo e del latifondo, in un’area che comprende l’entroterra delle attuali province di Palermo, Trapani e Agrigento, delimitata ad est dai confini delle province di Enna e Caltanissetta. Nella Sicilia sud-orientale, la proprietà terriera divisa tra privati è stata al contrario considerata “moralizzatrice”3. In realtà, nell’area della Contea di Modica erano usuali episodi di banditismo e contrabbando, pur mancando in queste zone l’elemento carismatico tipico della Sicilia occidentale. Il contrabbandiere era comunque un eroe popolare, perché rendeva giustizia al popolo che sentiva distanti i poteri e la legge e si sentiva oppresso dal dazio e dal fisco. Ugualmente era radicata, specialmente presso la popolazione contadina, l’omertà, intesa come una sorta di “etica del tornaconto” che sconsigliava la denuncia e definiva i vantaggi del silenzio4. La presunta debolezza della mafia iblea del primo Novecento non ha peraltro scongiurato la commissione di atti di efferata violenza, di tutt’altra matrice ma condotti con metodi quasi mafiosi. Lo squadrismo fascista nel comprensorio ragusano, ad esempio, fu tra i più violenti d’Italia, deplorato talvolta dallo stesso Partito Nazionale Fascista, come nel caso dell’eccidio di Passo Gatta a Modica5 nel 1921. Questo squadrismo finì per somigliare ad una vera e propria cosca, per i caratteri peculiari che andò ad assumere: protezione degli aderenti, omertà, perseguimento di interessi economici, reclutamento di criminali comuni. Dopo l’armistizio del 1943 ed almeno fino al 1946, le campagne iblee hanno sperimentato ancora le azioni di bande improvvisate, dedite a piccoli furti e abigeati ai danni dei proprietari terrieri più agiati, ma assolutamente estranee alle attività del banditismo mafioso.
Negli stessi anni, è diversa la situazione nelle aree urbane della provincia, nel capoluogo in particolare. A Ragusa, infatti, in pieno periodo bellico, due riconosciuti mafiosi del quartiere San Paolo, tali Cassarino e Lauretta, parteciparono alle rivolte antimilitariste del 1945, ma una volta arrestati per reati comuni, accusarono e fecero condannare a sette anni per presunta estorsione uno dei capi della rivolta. Gli organi carcerari e giudiziari agirono in collusione con i due mafiosi; ciò dimostra che anche in provincia di Ragusa, seppur in un caso isolato, la mafia ha saputo adattare il proprio modo di agire alle circostanze: prima con il popolo in rivolta, dopo con i poteri e le istituzioni7. Le presenze malavitose negli Iblei sono pertanto legate in questi anni al disagio nelle aree rurali e al cliché del vecchio banditismo. I reati propriamente mafiosi sono rari e gli stessi delitti sono mossi dalla casualità, più che dall’intenzione. È bene ricordare, oltretutto, che la stessa immagine stereotipata della Sicilia ha subìto diverse modificazioni nel corso dei secoli. Per i viaggiatori europei del Grand Tour settecentesco, Palermo era la capitale ricca e felice dell’Isola, contrapposta ad un sud-est infestato dai briganti e dalla povertà. Il mito s’incrinò – e si ribaltò – con i rapporti di polizia sugli episodi delittuosi della seconda metà del XIX secolo: Palermo divenne la capitale del crimine, il sud-est il “regno della quiete”. Questo nuovo stereotipo, perdurante per quasi tutto il Novecento, è nondimeno tra le cause della scarsità di analisi storiche sull’incidenza della mafia nella Sicilia orientale, con particolare riferimento alla provincia di Ragusa. Manca difatti una compiuta storiografia sul fenomeno mafioso nel comprensorio ibleo. È al contrario più cospicua la letteratura pubblicistica. Peraltro alcune delle poche analisi prettamente storiche sull’argomento si sono basate proprio sul giornalismo d’inchiesta. A partire dagli anni Settanta, nel periodo in cui la criminalità organizzata ha ormai acquisito una certa incidenza nella vita sociale del Ragusano, aumentano le denunce giornalistiche sulla presenza della mafia e sulle presunte coperture istituzionali e giudiziarie di cui godrebbero le cosche locali. È inevitabile dunque ricorrere alle cronache giornalistiche dell’epoca per provare a tracciare l’evoluzione storica della mafia a Ragusa….. Continua PDF
I NOSTRI TIMORI SUI RISCHI PER IL VAL DI NOTO SONO SEMPRE FONDATI…
Danni ambientali considerevoli sono stati causati dalla fuoriuscita di petrolio allo stato grezzo dall’oleodotto Ragusa-Priolo Mostringiano in un affluente del Fiume Tellaro nei pressi della Città di Noto il 18 gennaio 2010. L’ incidente ci dà una ulteriore conferma della bontà della battaglia, a suo tempo intrapresa, per evitare che avessero compimento le concessioni per le trivellazioni petrolifere in un territorio dalle forti vocazioni agricole e turistiche, patrimonio mondiale dell’ Umanità . Abbiamo da sempre paventato, inoltre, il pericolo che tali interventi possono comportare per le falde acquifere e per gli eccellenti prodotti che il distretto offre (olio, mandorle, agrumi, cereali, legumi, frutta, ecc.).
 I nostri timori sono stati supportati da consulenze scientifiche autorevolissime. Nel recente passato la texana Panther Eureka s.r.l. aveva provato ad avviare un nuovo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Questo scellerato tentativo, voluto dal governo regionale di allora, aveva visto una fortissima reazione delle associazioni, delle istituzioni locali e delle comunità . Dopo questo scempio, facciamo l’ ennesimo appello alle Istituzioni Regionali affinché siano presi provvedimenti adeguati per evitare di imboccare una strada che comporti ulteriori danni irreversibili all’ economia ed al paesaggio per poter far sì, invece, che decolli definitivamente un modello di sviluppo ecosostenibile consono alle peculiarità del territorio. Il Comitato per le energie rinnovabili e contro le trivellazioni petrolifere in Val di Noto assieme a tutte le organizzazioni naturaliste, ambientaliste, culturali, agricole e turistiche vigilerà con grande attenzione ed è pronto a far in modo che si mobilitino tutti i soggetti interessati per impedire che ulteriori tentativi siano messi in campo. Pensiamo che siano maturi i tempi, invece, di realizzare il Parco degli Iblei poiche’ permetterebbe grandi vantaggi e benefici per un futuro durevole e compatibile per la gente.
Noto, 23 gennaio 2010 COMITATO NO TRIV
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COMUNICATO STAMPAÂ DELL’ENTE FAUNA SICILIANA Del 19.01.2010
L’emergenza sembra passata ma i danni ambientali causati dalla fuoriuscita di petrolio allo stato grezzo dall’oleodotto Ragusa-Priolo Mostringiano che, a quanto pare, per uno smottamento del terreno, favorito dalle abbondanti piogge dei giorni scorsi, ha determinato l’incidente di lunedì 18 scorso con lo sversamento in un piccolo corso d’acqua affluente del fiume Tellaro, sono ancora da quantificare. L’evento, oltre ad allarmare gli imprenditori agricoli della zona interessata, ha preoccupato anche noi che del territorio ibleo abbiamo continua attenzione ed interesse. Questo incidente è, ancora una volta, una testimonianza lampante che la strada all’industrializzazione del nostro territorio, votata da qualcuno, ha dei grossi limiti in quanto, con le fragilità ambientali esistenti, questo rischia di subire sempre più danni irreversibili. Nel recente passato, la texana Panther Oil aveva provato ad avviare un nuovo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Questo scellerato tentativo, appianato dal governo regionale di allora, che aveva visto alzare contro gli scudi da parte di tutti noi ambientalisti oltre che dalle popolazioni locali, oggi confermano ancor di più che le manifestazioni e i convegni di allora, per dare l’altolà ai petrolieri, erano sacrosanti. Dopo questo ennesimo scempio invochiamo la politica a dare le definitive e giuste direttive per l’affermazione di uno sviluppo sostenibile che questa provincia merita. Noi crediamo che oggi l’idea dell’istituzione del Parco degli Iblei diventi sempre più attuale e che ciò sia imprescindibile per il futuro di questo territorio legandolo alla salubrità quale “marchio di qualità †dello stesso.