Ambiente Ibleo – Portale ambientalista del Sud-Est Siciliano


Impianto di Biogas, interviene il Vescovo

Posted in Biogas Zimmardo by admin on 28 Dicembre 2019

Nei giorni scorsi il Sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, ha inviato una nota al Vescovo di Noto per chiedere il suo autorevole intervento sulla problematica dell’impianto di biometano che si vorrebbe realizzare in contrada Zimmardo-Bellamagna.
Nello scritto il primo cittadino di Pozzallo afferma che lo scorso 18 febbraio, in concomitanza con la visita del Cardinale Gualtiero Bassetti, è stato sottoscritto tra la Diocesi di Noto e le Amministrazioni Comunali di Avola, Ispica, Modica, Noto, Pachino, Portopalo, Pozzallo, Rosolini e Scicli un “Impegno per il bene comune nel solco di Giorgio La Pira e del suo sogno di costruire città vive”.
Al primo punto dell’Impegno sottoscritto, prosegue la nota, è indicata la necessità di “consultarsi in maniera permanente sui temi di interesse comune per lo sviluppo del territorio, incontrandosi tutte le volte che si rende necessario” ed a seguire è stato concordato di “costruire un rapporto di reciproca solidarietà per essere ciascuno al fianco dell’altro su temi di interesse prioritari delle singole città” ed inoltre di “ verificare e trovare una mediazione e una sintesi laddove alcuni interessi tra le città dovessero configgere”.
In particolare proprio su questo punto previsto nell’Impegno, conoscendo la sua particolare attenzione e sensibilità alla problematica – aggiunge il Sindaco Ammatuna – desidero esternarle le mie preoccupazioni per quanto sta succedendo nella mia città a proposito dell’ipotesi di realizzare un impianto di biometano, ubicato in territorio di Modica ma a poche centinaia di metri dal confine con il comune di Pozzallo e vicino ad insediamenti abitativi.
I cittadini di Pozzallo si sono ribellati in massa contro quello che ritengono un sopruso, in questa azione supportati da tantissimi abitanti di Modica che ritengono l’insediamento dell’impianto nella zona di Zimmardo-Bellamagna una profonda ferita inferta ad un territorio di notevole pregio paesaggistico.
Le confesso la mia preoccupazione per eventuali degenerazioni della situazione e chiedo un suo autorevole intervento, nel caso lo ritenga opportuno nel rispetto della sua missione, per convocare un’assise degli enti sottoscrittori dell’ Impegno per il bene comune avente come ordine del giorno la problematica suindicata.
Alla richiesta del primo cittadino di Pozzallo il Vescovo di Noto ha celermente risposto, con una nota con la quale lo ringrazia vivamente “per l’attenzione da Lei rivolta all’ “Impegno per Bene Comune” sottoscritto dai nove Comuni ricadenti nel territorio della Diocesi di Noto, che vuol essere uno strumento di orientamento per la risoluzione di particolari problematiche sociali che richiedono un maggior apporto collettivo delle istituzioni e della società civile.
“In merito alla Sua richiesta – prosegue Mons. Staglianò – e alla problematica da Lei esposta con Lettera del 20 Dicembre 2019, riguardante il vasto tema dell’ambiente che è sempre più oggetto di interesse non solo della comunità politica e del campo della scienza ma di tutta l’opinione pubblica, desidero richiamare quanto insegnato da Papa Francesco nella Enciclica Laudato si: “Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali è difficile raggiungere un consenso. Ancora una volta ribadisco che la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune” (LS 188).
A partire da quanto affermato dal Papa – continua la risposta del Vescovo di Noto – sento quindi anch’io il dovere di invitare ad affrontare insieme un “dibattito onesto e trasparente”, affinché la problematica in oggetto riguardante come Lei scrive la realizzazione di un “impianto di biometano” possa trovare presto una soluzione all’insegna del bene comune. Nel dibattito auspicato è imprescindibile un attento riferimento al diritto ma il coinvolgimento attivo e spontaneo di numerosi cittadini di Pozzallo e Modica nella problematica, come Lei testimonia, è un buon segno che indica già un inizio positivo per la ricerca del bene comune, ed è ancora Papa Francesco ad illuminarci in tal senso: “Poiché il diritto, a volte, si dimostra insufficiente a causa della corruzione, si richiede una decisione politica sotto la pressione della popolazione. La società, attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi. Se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali. D’altra parte, le legislazioni municipali possono essere più efficaci se ci sono accordi tra popolazioni vicine per sostenere le medesime politiche ambientali” (LS 179).
“Alla luce di quanto fin qui considerato – conclude il Vescovo Staglianò – per rendere operativo l’Impegno per il Bene Comune a suo tempo sottoscritto, incarico il mio vicario episcopale per la pastorale sociale don Salvatore Cerruto di convocare un incontro tra le varie parti interessate al fine di poter affrontare costruttivamente il dibattito sopra indicato”.
“Ringrazio Mons. Staglianò – afferma il Sindaco di Pozzallo – per la disponibilità e la celerità con la quale ha dato risposta al mio invito e credo che il suo autorevole intervento possa facilitare la risoluzione di una problematica che sta tenendo in allarme l’intera città”.

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Senza la legge sulla canapa, a perdere è la Sicilia

Posted in Varie by admin on 20 Dicembre 2019

La politica non riesce a regolamentare un settore che nel resto del mondo è in forte crescita. A Ragusa la multinazionale Canapar ha investito 16 milioni per la trasformazione a fini industriali. Qui conferiscono tanti piccoli produttori. Che però adesso hanno paura

Foto di: Canapar

Neanche stavolta ce l’hanno fatta. Il settore della produzione e della lavorazione della canapa in Italia resta nel limbo. E a perderci è soprattutto il Sud Italia. Perché è in Sicilia, in Puglia, in Campania che si concentra la gran parte delle coltivazioni di un settore che nel resto del mondo cresce a tassi impressionanti (+40 per cento in Nord America) e che invece nel Belpaese resta al palo, imbrigliato da una confusione creata ad arte e che mischia volutamente business molto diversi tra loro.

I due subemendamenti alla manovra economica – presentati dal Movimento 5 stelle e che sono stati a un passo dall’approvazione in Senato – prevedevano di fissare finalmente regole certe per il settore: l’aumento del tetto di Thc (il contenuto di tetraidrocannabinolo, cioè il principale principio attivo della cannabis) da 0.2 a 0.5, percentuale indicata da moltissimi studi accreditati come quella più corretta. Sotto quella soglia cioè la cannabis non si può considerare stupefacente. Al momento le soglie consentite sono 0.2 per cento di Thc in negozio, 0.6 nel campo. In più la proposta legislativa prevedeva un’imposta a partire dal 2020: 12 euro a tonnellata per la biomassa di canapa (quella a fini industriali) e 0,40 euro per grammo per infiorescenze e derivati.

Per alcuni giorni – quelli che hanno separato l’approvazione in commissione Bilancio all’approdo a Palazzo Madama – i tanti addetti ai lavori del settore hanno gioito. Perché il traguardo atteso, una regolamentazione non opprimente che desse certezza a chi ha investito, sembrava a un passo. E invece tutto è sfumato di fronte a una parola: «Inammissibile». Pronunciata dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Regolamentare la produzione e la lavorazione della canapa non può essere oggetto di voto insieme alla manovra finanziaria. E così anche stavolta si perde l’occasione di fare ordine in Italia in un settore che conta tremila aziende e diecimila dipendenti. 

In Sicilia sono circa duecento le partite Iva nate fra produzione, trasformazione, commercializzazione e servizi legati al mondo della canapa. E circa cinquecento ettari coltivati, di cui la gran parte nelle province orientali dell’isola. A farla da padrona è soprattutto Canapar, multinazionale canadese che ha deciso di investire nel Sud Europa. A Ragusa, con un investimento di 16 milioni di euro, è stato realizzato il più grande impianto di lavorazione e trasformazione del continente e tra i più grandi del mondo, con una capacità di produrre seicento tonnellate all’anno di biomassa e in cantiere una seconda linea che raddoppierà la produzione. L’impianto si estende su 14mila metri quadrati nella zona industriale di Ragusa, con due capannoni e diversi centri di estrazione. Si producono materie prime per la farmaceutica, la cosmetica, oli per alimenti e prodotti per la bioedilizia con i materiali di scarto. Dà lavoro a una ventina di impiegati, ma nei prossimi quattro mesi sono previste altre 50 assunzioni. Qui conferiscono 54 produttori siciliani.

Sebastiano Conti – azienda nella piana di Catania, a Lentini – è uno di loro. «L’anno scorso abbiamo prodotto 700 quintali su 40 ettari. Tutta venduta. E poi la canapa è un prodotto che serve a migliorare e rinvigorire il terreno. Noi coltiviamo anche grano, riso, cereali, foraggere, tutti biologici, e la canapa è ideale per completare una rotazione triennale nei terreni». Ora però i dubbi rischiano di fermare tutto. «C’è una confusione enorme, coltivare ti espone a rischi perché si lavora con tanti punti interrogativi. Da noi è venuta anche la polizia a fare controlli nei campi, ed è risultato tutto a posto. Per il prossimo anno avevo in programma di estendere la coltivazione a cento ettari, perché c’è molto interesse. Oltre a Canapar, infatti, anche altre aziende non siciliane sono venute a vedere il nostro prodotto. Ma continuerò solo se si farà chiarezza». ……Continua su https://meridionews.it/articolo/83765/bilancio-della-regione-lallarme-della-corte-dei-conti-parecchio-disavanzo-e-fondi-vincolati-per-3-miliardi/

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Lunedì 16 dicembre Pozzallo, Manifestazione contro impianto Biometano

Posted in Biogas Zimmardo,Pubblica Evidenza by admin on 12 Dicembre 2019
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Grosseto, emissioni dannose per la salute: il Tribunale stabilisce che a queste condizioni l’inceneritore di Scarlino non deve più riaprire.

Posted in Varie by admin on 12 Dicembre 2019
Grosseto, emissioni dannose per la salute: il Tribunale stabilisce che a queste condizioni l’inceneritore di Scarlino non deve più riaprire

Una sentenza storica che potrebbe cambiare il modello di gestione dei rifiuti in Toscana e non solo. Il Tribunale di Grosseto ha depositato mercoledì la sentenza sull’inceneritore della piana di Scarlino che ha dato ragione ad ambientalisti, singoli cittadini e due associazioni (Stabilimenti Balneari e Coldiretti) che avevano fatto causa civile alla Scarlino Energia per le immissioni inquinanti dello stabilimento che ogni anno dovrebbe bruciare più di 300mila tonnellate di rifiuti. È la prima volta che a fare causa contro una società che gestisce un impianto di incenerimento sono più di 90 soggetti (per questo molti hanno parlato di “class action”) e soprattutto mai era stata intentata per immissioni di tale portate. L’impianto è già chiuso dal 2015 dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato che bocciava la quinta autorizzazione a bruciare concessa prima dalla Provincia e, dal 2015, dalla Regione Toscana, ma da mercoledì i giudici di Grosseto hanno stabilito che, a queste condizioni, non riaprirà più inibendo “la prosecuzione dell’attività del medesimo impianto nella sua attuale configurazione in quanto suscettibile di produrre le suddette immissioni”.

La sentenza – La sentenza con cui i giudici del Tribunale di Grosseto hanno dato ragione alle associazioni ambientaliste è arrivata dopo un anno e mezzo di lavoro dei consulenti tecnici che, aiutati da medici in grado di valutare le patologie più frequenti nell’area dell’impianto, hanno definito “insostenibile” nella sua “attuale configurazione impiantistica e gestionale” e “da un punto di vista ambientale e/o sanitario” la ripresa delle attività dell’impianto di Scarlino. Non solo: secondo i consulenti del Tribunale, le immissioni degli ultimi anni avrebbero provocato “sia rischi sanitari certi, sia rischi sanitari probabili nel tempo”. Per questo, scrivono i giudici, “deve dunque ritenersi che l’impianto nel suo attuale stato e nella configurazione in cui si trova, qualora messo in funzione sia suscettibile di produrre tutta una serie di immissioni dannose per la salute”. Come dire: il diritto alla salute viene prima di tutto. La sentenza viene considerata storica anche perché apre alla possibilità che un impianto di smaltimento rifiuti possa essere bloccato o chiuso nel caso si dimostri che produca emissioni pericolose per la salute dei cittadini…. continua

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Il Lavinario Zimmardo-Bellamagna ed il PAS

Posted in Biogas Zimmardo,Documenti by admin on 6 Dicembre 2019

Contrade: Zimmardo superiore, Zimmardo inferiore, Fondolongo, Bellamagna

Lungo circa 700 metri, il lavinario nasce in contrada Zimmardo inferiore. Comincia con una lieve depressione che si approfondisce sensibilmente nel punto intermedio per tornare, dopo quest’incertezza, al suo profilo di convogliatore superficiale. Il corso segue un andamento SO-NE (parallelamente alla consortile Bellamagna -Zimmardo), è largo una quarantina di metri, profondo 4-5 metri e, dopo i primi 500 metri, acquista definitivamente le sembianze del lavinario. In particolare il fondo si fa pietroso e la vegetazione si attenua vistosamente.

La flora riscontrata è di tipo quasi esclusivamente agrario. Tra le essenze arboree prevalgono l’Olea sativae, di poi, la Ceratonia èdulis. Non mancano, tuttavia, l’Olea sylvestris, la Ceratonia selvatica e la Chàmaerophos humilis (leggere passeggiate nei dintorni di modica), comprese tra le essenze tutelate dal legislatore. Anche nella flora erbacea si avverte la prevalenza delle specie che, normalmente, sono di contorno all’attività agricola: l’Arum italicum, l’Arisarum, l’Avena, la Beta sulcata, la Borrago, la Brixa maxima, varie specie di Bromus, … etc.
Sono presenti tuttavia, alcune specie interessanti sotto il profilo botanico: l’Anagyris, l’Acanthus spinoso, l’Aristolochia altissima, l’Asparagus albus, la Capsella bursa pastoris, l’Oxalis acetosella, la Centranthus ruber, la Dafne gnidium, l’Hermodactylis tuberosus, e il Raphanus raphanistrum. Il sito, nel complesso, ha una sua caratterizzazione all’interno della tradizione agricola degli iblei.

L’analisi floristica

Il luogo accoglie un numero di essenze proprie della macchia mediterranea tale che potrebbe, tranquillamente, essere incluso tra quelli da sottoporre a protezione. Vi troviamo l’Anagyris, la Ceratonia siliqua, il mirtus communis, il Pistacia lentiscus, l’Olea sylvestris e la Chàmaerops humils,. sul piano quantitativo prevalgono il Myrtus, che è vistoso (ossia visibilmente diffuso), la Ceratonia siliqua ed il Lentiscus. Non esistono essenze proprie della flora ripariale e mancano, quasi del tutto, quelle che caratterizzano la flora rupestre ad eccezione della Centranthus ruber.

Considerato che il sito, pur presentando sei (e non cinque) delle specie richieste dal legislatore per l’identificazione di un’associazione a macchia mediterranea, è sostanzialmente destinato ad attività agricola, non può essere sottoposto a tutela di cui trattasi. Sarebbe consigliabile, tuttavia, che l’autorità comunale riflettesse sulla opportunità di tutelarlo per due ragioni:

a) perché presenta alcune essenze che, in territorio di Modica, si trovano quasi esclusivamente in esso e nell’attigua contrada Fondolongo- Ci riferiamo, ad esempio, all’Hermodactylis teberosus,

b) perché accoglie numerosi esemplari secolari, oltre che spettacolari, di Olea sativa e di Ceratonia èdulis.

Valutazione Ambientale Strategica della Variante Generale del Piano Regolatore Generale del Comune di Modica

Particolare forma di tutela dovrà essere prevista nelle NTA per l’intero corso del Vallone

Religione (individuato con il n° 74 dello Studio agricolo forestale) e dei lavinari Benarifi

(individuato con il n° 72 dello S.A.F.) e Zimmardo-Bellamagna (n° 73 dello S.A.F.), esterni al

perimetro del pSIC omonimo e individuati nella Tav. IC di integrazione allo Studio Agricolo

Forestale. Si dovrà individuare una zona di rispetto dalle sponde o piedi degli argini per una

fascia di 150 mt ciascuna, da individuare e rappresentare nelle tavole di PRG. Nella zona di

rispetto sono esclusi interventi di trasformazione urbanistica, edilizia e infrastrutturale; sono

compatibili interventi volti alla difesa ldrogeologica con esclusivo ricorso a tecniche di

ingegneria naturalistica, alla bonifica e al restauro ambientale e paesaggistico;

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Favignana. Inquinamento ambientale nell’area marina protetta.

Posted in Varie by admin on 5 Dicembre 2019
Favignana

“Un inquinamento di dimensioni vastissime” a fronte di “misure di bonifica palliative“. È quello che è successo a Favignana, isola siciliana in provincia di Trapani, dove una crepa a un serbatoio di gasolio della centrale termoelettrica è stata trascurata per quasi 40 anni. La fagliatura nel serbatoio risale all’ormai lontano 1980: oggi ha causato un disastro ambientale “di dimensioni vastissime”.

L’inquinamento ha danneggiato “in via progressiva le matrici ambientali costituite da acque sotterranee e suolo senza soluzione di continuità – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – causando un deterioramento significativo e misurabile di vaste porzioni di territorio e delle acque sotterranee nonchè dell’equilibrio di un ecosistema compreso nell’Area Marina Protetta (Amp) delle Isole Egadi, di rilevante importanza per la presenza di flora e avifauna protetta, la cui bonifica è conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”…..continua….

di Marco Bova | 5 Dicembre 2019 Il Fatto Quotidiano

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Biometano Zimmardo Bellamagna: incontro in Sovraintendenza, si cercano siti alternativi

Posted in Biogas Zimmardo,Comunicazioni,Video by admin on 2 Dicembre 2019

RAI TG3 REGIONALE SU BIOMETANO DEL 3 12 2019 in C.da Zimmardo Bellamagna

Stamattina, nella sede della Soprintendenza di Ragusa, si è tenuto il previsto incontro per affrontare la problematica dell’impianto di biogas che dovrebbe sorgere in contrada Zimmardo-Bellamagna.

Il Sindaco Ammatuna ha evidenziato, a chiare lettere, l’inopportunità che l’impianto di biogas venga realizzato in prossimità della città di Pozzallo ed ha chiesto, sottolineando l’importanza del mandato popolare espresso con forza dai suoi concittadini, che venga delocalizzato ad una distanza di almeno 4/5 chilometri dal luogo attualmente previsto.

Inoltre, il primo cittadino di Pozzallo ha comunicato che chiederà un incontro in Prefettura sull’argomento, ribadendo ancora una volta che il suo mandato è quello di ottenere come soluzione finale lo spostamento del sito.

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