Un miliardo di persone in pericolo. Soprattutto bambini
Inquinamento, non solo Chernobyl
ecco la top ten delle città a rischio
Un istituto newyorkese ha stilato la classifica dell’emergenza
Cinque i siti nell’ex Urss. Allarme anche in Zambia, Cina, India
Anche il Perù tra le nazioni dove l’emergenza inquinamento è altissima
C’E’ ancora Chernobyl tra i dieci siti più inquinati del mondo. La cittadina ucraina – a vent’anni dall’esplosione nucleare cento volte più potente di Hiroshima e Nagasaki – resta tristemente simbolo della capacità dell’uomo di distruggere se stesso e l’ambiente che lo circonda.
Lo sostiene la classifica stilata dal Blacksmith Institute di New York, organismo di ricerca non profit, secondo la cui denuncia un miliardo di persone si ammala a causa dell’inquinamento. Il direttore dell’istituto, Richard Fuller, sostiene che, sempre l’inquinamento, provoca il 20% per cento dei decessi nei paesi in via di sviluppo. Le tossine ambientali avvelenano gli abitanti sviluppando tumori, infezioni e la nascita di bambini con sindromi gravissime.
Non è un caso che, nella top ten dell’inquinamento, compaiano soprattutto città del sud del mondo o dell’ex Unione Sovietica. Prendiamo, per esempio, la Russia. Sono ben tre i siti ad alto tasso di inquinamento indicati nella classifica: Dzerzinsk, Norilsk, Pristan/Dalnegorsk. Uno in Ucraina, Chernobyl, appunto, e uno – Mailuu-Suu – in Kirghizistan.
In Russia. A Dzerzinsk sono ben 300mila le persone potenzialmente a rischio, a causa della presenza di scarti chimici e tossici provenienti da una fabbrica che produceva armi nel periodo della guerra fredda. Dallo stabilimento uscivano anche gas nervino e altri gas letali i cui effetti tossici sono legati al triossido di arsenico, all’acido prussico, al fosgene, alla diossina e ad altri componenti chimici. Dzerzinsk – per i russi – è una città di morte e distruzione come dimostra anche l’aspettativa di vita degli abitanti: 42 anni per gli uomini e 47 per le donne.
Norilsk. Altra eredità drammatica della guerra fredda. La città industriale siberiana, fondata nel 1935, ha ospitato per anni un campo di lavori forzati. Oggi viene considerata una delle metropoli più inquinate della Russia (134mila persone a rischio contaminazione) dove – si legge nel rapporto – la neve è nera, l’aria ha l’odore dello zolfo e l’aspettativa di vita per i lavoratori dell’industria pesante è di dieci anni inferiore rispetto alla media degli altri russi. La città ospita la più grande fonderia del mondo che, ogni anno, disperde nell’aria oltre quattro milioni di tonnellate di metalli pesanti quali cadmio, piombo, nickel, arsenico, selenio e zinco.
Dalnegorsk e Rudnaya Pristan. Si tratta di due città russe i cui residenti sono affetti da saturnismo (intossicazione cronica da piombo, ndr) a causa della presenza di una vecchia fonderia e di una miniera dalla quale si estraeva piombo che veniva trasportato senza alcuna protezione. Le concentrazioni di piombo rilevate nei giardini e nelle strade sono talmente elevate rispetto ai livelli di allarme previsti dagli standard internazionali, da far ritenere che anche l’acqua potabile o la verdura o l’aria contengano pericolosi livelli di piombo. Alcuni test hanno tra l’altro rivelato che il livello di piombo contenuto nel sangue dei bambini è dalle 8 alle 20 volte più elevato della soglia massima consentita negli Stati Uniti. In queste due città sono 90 mila le persone che potenzialmente rischiano di morire a causa dell’inquinamento.
In Kirghizstan. La città di Mailuu-Suu, un tempo sede di uno stabilimento di uranio dell’ex Unioine Sovietica, oggi è diventata una discarica di scorie radioattive. In particolare restano stoccati in quest’area oltre un milione di metri cubi di materiale radioattivo. Se, nell’immediato, indicano i ricercatori, 23mila persone rischiano la vita, in realtà sono milioni le vittime potenziali nel caso di incidente o fuoriuscita di radiazioni da tanto materale mal stoccato.
Spostandosi in Africa bisogna raggiungere lo Zambia e, in particolare, la città di Zabwe, a 150 chilometri dalla capitale Lusaka, per trovare un’altra fonte di inquinamento letale. Qui il problema è soprattutto provocato dal piombo. Che si infiltra ovunque, anche nel sangue dei più piccoli. Zabwe è una delle sei città ubicate nella zona del Copperbelt, un tempo fiorente area industriale dello Zambia proprio a causa dei giacimenti minerari. Fino al 1964 si è continuato a estrarre (soprattutto piombo) senza che il governo prendesse alcuna misura di sicurezza. Oggi industrie e miniere non sono più attive, ma è rimasto l’inquinamento. Il livello di contaminazione del suolo da piombo, zinco, cadmio e rame in un’area di oltre 20 chilometri quadrati è molto più alto rispetto alle soglie indicate dall’Organizzazione mondiale della sanità . Abitanti a rischio: 250mila.
Emergenza ambientale anche nella Repubblica Dominicana, a Haina, apparente paradiso terrestre ad altissimo tasso abitativo, in cui ben 85mila persone – secondo i ricercatori di New York – rischiano la salute. L’inquinamento in questo caso è dovuto alla presenza di alti livelli di piombo. A loro volta causati dalla presenza nell’area, in un passato recente, di un’azienda che riciclava batterie per automobili. Nonostante la fabbrica si sia spostata in un altro luogo, la contaminazione resta e i livelli di piombo nel sangue della popolazione risultano elevatissimi.
Ancora Sud America, questa volta Perù. La Oroya è una cittadina mineraria andina – dove ha anche sede un polo di industria pesante – che dagli anni Venti mette in pericolo la vita dei suoi abitanti, costantemente esposti a emissioni tossiche. Anche in questo caso si parla di altissimi livelli di piombo nel sangue, soprattutto dei bambini, il cui sviluppo mentale, spiegano i ricercatori, è compromesso. Secondo gli studi condotti dal Dipartimento generale della salute ambientale del Perù nel 1999, il 19 per cento dei più piccoli ha livelli di metallo pesante nel sangue che eccedono le soglie consentite.
Chiudono la classifica dell’emergenza ambientale Cina e India. Nella Repubblica popolare cinese a detenere lo scettro della città più malsana è Linfen, nella provincia Shanxi, centro minerario importantissimo la cui attività estrattiva è legata al carbone. L’industria di Linfen, per dire, produce i due terzi del fabbisogno cinese di energia. Qui, l’emergenza è legata soprattutto all’inquinamento dell’aria che mette a rischio 200mila persone, a causa della presenza di monossido di carbonio, arsenico, piombo e soprattutto delle terribili Pm-10, le particelle sottili che si insinuano ovunque.
Infine Ranipet, in India dove, secondo i ricercatori, tre milioni e mezzo di persone sono a rischio per la presenza di una conceria dove i prodotti venivano lavorati con il cromo e i suoi derivati. Anche in questo caso il pericolo è dovuto allo stoccaggio – all’aperto – di milioni di tonnellate di scorie accumulate in un ventennio.
(19 ottobre 2006)
La Repubblica