L’isola dei Porri
C’era una volta l’Isola dei Porri… Ho voluto evitare di esprimermi così con i miei figli e l’estate scorsa ho fatto in modo da far loro vedere un pezzo della nostra storia. O, per meglio dire, ciò che resta di un’isola progressivamente inghiottita dal mare e dalla nostra colpevole indifferenza. “Vedetela, perché fra qualche anno non ci sarà piùâ€, ho detto loro e la stessa cosa dico a voi invitandovi a guardare le foto scattate proprio in quell’occasione.
Qualche settimana fa è stata denunciata dal consigliere comunale Mario Santoro la dimenticanza dell’Amministrazione comunale ai danni proprio dell’Isola dei Porri, non citata nel nuovo Statuto fra le parti costituenti il territorio comunale. Un’omissione grave, non c’è dubbio. Si tratta tuttavia di un’omissione freudiana: sarebbe benevolo infatti dire che abbiamo rimosso dalla nostra mente quell’isolotto, per il semplice motivo che non ce l’abbiamo mai avuto, non l’abbiamo mai sentito nostro. Diverso, invece, per i pozzallesi i quali, portati come sono a dare del tu a tutto quello che ha a che vedere col mare e la navigazione, hanno sempre considerato loro l’Isola dei Porri, sin da quando era necessario sostituire periodicamente le bombole di acetilene che alimentavano il faro, prima che venisse sostituito da un altro tipo di segnalazione luminosa ad energia solare. Da Pozzallo sfidavano anche il mare in tempesta per garantire la sicurezza della navigazione con sacrificio ed amorevole dedizione.
Per buona parte del Novecento l’Isola, appartenente al demanio, era data in concessione come riserva di caccia al marchese Tedeschi di Pozzallo. Da lì era possibile intercettare la passa di svariate specie di volatili del Mediterraneo, con la certezza di portare il carniere stracolmo. All’origine pare che l’Isola fosse collegata alla terra ferma. E’ certo comunque che fino ad alcuni decenni fa la sua estensione fosse ben più ampia di quella, alquanto misera, di oggi: documenti ufficiali quantificano questa superficie intorno ai tremila-quattromila metri quadrati. Ci sono anche delle testimonianze che descrivono l’Isola dei Porri come un luogo quasi mitico. L’ingegnere ed architetto fiorentino Camillo Camilliani, ad esempio, che nel 1584 venne chiamato dal viceré dell’epoca per realizzare un sistema di fortificazioni per difendere la Sicilia dai turchi, propose di spianare l’Isola dei Porri per impedire che vi si nascondessero le navi dei pirati. Dai tempi di Verre, quindi dal I secolo a. C., essi imperversavano sui nostri mari e la nostra isola era una sorta di rifugio dove mimetizzare le loro imbarcazioni. Nell’estate 1989, proprio per l’azione erosiva delle onde, venne alla luce una necropoli, fatta risalire all’epoca araba (nella foto in bianco e nero il sopralluogo del sovrintendente Voza, del dirigente archeologo Di Stefano e di Salvatore Guarnieri, con Giulio Alì scopritore della necropoli). Ultimamente era diventata riserva naturale.
Abbiamo insomma sprecato un gioiello di storia e di ambiente. L’abbiamo consegnato all’azione distruttrice del mare che, dopo l’Isola dei Porri, sta ora puntando sulla fascia costiera. Anche in questo caso l’indifferenza è assoluta, soprattutto da parte della classe politica locale. Non si vuol capire che Ispica è anche un comune costiero, che la costa e il mare sono una risorsa, che voltarsi dall’altra parte è un drammatico atto di insipienza, culturale oltre che politica ed amministrativa.
Quel che più inquieta sono le speculazioni immobiliari che si stanno compiendo lungo la costa ispicese: un residence di lusso di qua, un nuovo attraversamento aereo della litoranea di là , un campo da golf americano dall’altra parte. Il tutto naturalmente privato, riservato, off limits per i comuni mortali. Si ripeterà quanto già visto con il Villaggio Marispica, con l’occupazione del territorio da parte di grossi investitori forestieri che all’economia locale concedono solo briciole, all’occupazione un posto part-time di lavapiatti, al territorio neanche l’opportunità di stabilire proficui contatti con i loro ospiti-clienti. Nulla in contrario verso gli investimenti dei privati, per carità . Ma la valorizzazione di una zona non può essere appannaggio esclusivo dei privati, non può diventare una distesa di strutture chiuse. Il potere pubblico locale, quello deputato a tutelare un bene collettivo, che ispicesi e non guardano per il loro relax e le loro ferie, che fa? Non c’è. E se c’è è distratto, è impegnato altrove.
Non mi consola il fatto di sapere che non è connivente con tali speculazioni, delle quali è comunque a conoscenza, essendo esse confortate di ogni crisma di legalità , come ogni sacco edilizio, urbanistico ed ambientale che si rispetti.
L’approccio culturale e, se volete anche sentimentale, che è mancato per l’Isola dei Porri, manca oggi per la fascia costiera. Il problema non sta solo nella benemerita opera di rivendicazione che i comitati spontanei promuovono periodicamente. Ma proprio nell’avviare un processo virtuoso che consideri la costa un bene collettivo da difendere, un patrimonio da utilizzare, una parte importante del territorio da armonizzare con la restante parte, una risorsa economica da sfruttare. Solo così la prossima, imminente scomparsa della nostra perla a mare, quale è stata l’Isola dei Porri, potrà servire da monito e da insegnamento. Altrimenti vorrà proprio dire che ci meritiamo qualsiasi tipo di aggressione, sia essa dell’uomo o della natura.
GIANNI STORNELLO