250.000 posti di lavoro con l’industria verde
Non solo ambiente: la rivoluzione delle rinnovabili promette grandi benefici occupazionali
Con gli obiettivi dell’Unione europea, 250 mila nuovi posti da solare, eolico ed efficienza
In Germania è un business che già impiega oltre 200 mila lavoratori
L’esperto: “Ma anche in Italia è tutto un fiorire di nuove imprese e servizi”
di VALERIO GUALERZI
ROMA – Effetti collaterali: oltre 250 mila nuovi posti di lavoro entro il 2020, circa centomila in più della Fiat e 25 mila in più di Telecom e Poste Italiane messe insieme. Dei benefici climatici e ambientali della rivoluzione verde conosciamo ormai tutto, molto meno sappiamo dei vantaggi occupazionali che avrebbe il Paese puntando su rinnovabili ed efficienza energetica.
La promessa di Barroso. Nelle settimane scorse annunciando i dettagli del piano “20-20-20” per aumentare del 20% entro il 2020 l’efficienza energetica e la produzione da fonti rinnovabili, il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha promesso che nel raggiungere questi obiettivi verrà creato “un milione di nuovi posti di lavoro”. Numeri pesanti per un Continente dove lo spettro della disoccupazione rimane sempre in agguato. Facile promessa o un’affermazione fondata?
Il rebus delle statistiche. Fare proiezioni precise è difficile perché statistiche ufficiali non ce ne sono e delimitare con esattezza il campo dell’industria delle rinnovabili e dell’efficienza energetica non è semplice. Nella generale nebbia dei numeri, almeno un faro a cui gli entusiasti del futuro rinnovabile possono lasciarsi guidare però c’è. In Germania, unico paese ad aver pianificato con la solita precisione la crescita del settore, lo sviluppo delle fonti alternative ha già portato alla nascita di oltre 200 mila posti di lavoro.
Seguendo la Germania. “Quello che sono riusciti a fare è impressionante”, dice Arturo Lorenzoni, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’Università degli Studi di Padova. “In Germania – ricorda – nel 2006 le rinnovabili contavano 214mila addetti, con un +36% rispetto al 2004”. Programmando e puntando ormai da diversi anni su questa scommessa, Berlino ha creato statistiche ad hoc. In Italia invece, ricorda Lorenzoni, “manca un’anagrafe generale dell’industria delle rinnovabili che non viene considereta una categoria a sé”.
Fotovoltaico per tutti. Per cercare di capire cosa accadrà seguendo le indicazioni del “20-20-20” non resta che aggregare studi di settore. Fissando come scadenza il 2020, l’espansione maggiore dovrebbe averla il solare fotovoltaico. Il Gifi, il Gruppo imprese fotovoltaiche italiane, cita le tabelle che ha elaborato insieme alla Commissione Nazionale energia solare del Ministero dell’Ambiente, per prevedere nel giro di 12 anni un balzo dagli attuali 3.000 impiegati (1.700 nella sola produzione) a quota 113mila. Tanti quanti ne richiederebbe lo scenario più roseo messo in preventivo, ovvero una crescita di potenza in grado di soddisfare il 7% degli attuali fabbisogni elettrici.
I numeri dell’eolico. Subito dietro, a leggere i dati dell’Anev, viene l’eolico. “Oggi il settore conta più o meno 10 mila addetti tenendo conto dell’intera filiera del processo produttivo e gestionale, ma nel 2020, raggiungendo l’obiettivo di 16mila Mw installati, dovrebbe occupare 66mila persone”, spiega Simone Togni, il segretario generale dell’Associazione nazionale energia del vento.
Più efficienza, più lavoro. Valori simili a quelli che promette di creare il risparmio energetico. A sbilanciarsi in proiezioni in questo caso è Greenpeace nel dossier del 2007 “La rivoluzione dell’efficienza”. La ricerca quantifica innanzitutto il volume di investimenti in efficienza convenienti economicamente, fissando la cifra per il periodo 2007-2020 a quota 80 miliardi di euro. Stanziamenti che produrrebbero “occupazione per un valore medio di 63.000 unità “. Aggiungendo altri 12 mila nuovi lavori, la quota italiana dei 300 mila che secondo le stime dell’Unione Europea verranno creati dalla filiera delle biomasse, si arriva a un totale di 254 mila occupati.
Rapporti convenienti. Un risultato straordinario che verrebbe raggiunto solo se si avverassero tutte le previsioni più positive, ma pur facendo una certa tara all’ottimismo, sulle potenzialità della scommessa non sembrano esserci dubbi. Anche perché, pur con valori diversi, tutti gli studi sono concordi nel riconoscere alle rinnovabili un rapporto tra megawatt installato e posti di lavoro creati decisamente più alto rispetto alle fonti tradizionali. “I numeri forniti dalla Iea – dice Lorenzoni – parlano di 12 persone impiegate per ogni Mw eolico installato, mentre in una centrale a ciclo combinato a gas, che sia da 800 o da 400 Mw, lavorano in tutto 30 o 40 addetti, ai quali vanno aggiunti quelli impegnati nei servizi che vengono esternalizzati”.
Ancora più allettanti le promesse del fotovoltaico, che stando ad alcuni studi curati dagli industriali tedeschi per ogni Mw prodotto ha bisogno di dieci operai, ai quali vanno aggiunti altri 33 addetti durante il processo di installazione.
La scommessa del Nordest. Sembrano traguardi ambiziosi e proiezioni iperottimistiche, ma chi come il professor Lorenzoni si occupa da anni della materia e vive nel cuore pulsante dell’imprenditorialità italiana, li ritiene sostanzialmente realistici. “Qui in Veneto – dice – è già partita la gemmazione di produzioni e servizi legati alle rinnovabili. Penso alla lavorazione del silicio, ma anche al settore elettromeccanico vicentino, leader in Italia, che si sta riconvertendo all’eolico. Nuove attività stanno sorgendo anche nel Trevigiano. Molte realtà sono già operative sul campo e lo stesso sta avvenendo in Lombardia”. “Questa nuova imprenditorialità – sottolinea ancora Lorenzoni – non è un miraggio, ma una realtà , anche se in una fase ancora pionieristica”.
Ci credono anche i big. Il dinamismo del Nordest e la sua capacità di fiutare gli affari sono note, ma segnali importanti arrivano da tutto il Paese. Dalla sua roccaforte delle Marche, un colosso come la Merloni Termo Sanitari sta ad esempio rapidamente puntando nella direzione del solare termico, settore importante che si intreccia però con attività tradizionali, rimanendo inevitabilmente fuori dalle statistiche citate sin qui. “MTS Group – spiega il direttore marketing Giorgio Scaloni – già da alcuni anni sta intensificando il suo impegno nello sviluppo di questa tecnologia in forte espansione di mercato. Con i nostri marchi siamo tra i leader nel solare termico in molti paesi Europei (Italia, Germania, Francia) e abbiamo una forte presenza anche in paesi extraeuropei, con attività produttive e commerciali di India e Cina”.
“Per quanto riguarda le prospettive occupazionali – prosegue Scaloni – il nuovo sito produttivo marchigiano dovrebbe arrivare ad occupare in un triennio circa il 5% del totale forza lavorativa italiana del gruppo, oggi pari a circa 1.600 unità “.
Occupazione su tutto il territorio. Dal Veneto, alle Marche, scendendo giù fino alla Puglia, dove sorge lo stabilimento italiano della Vestas, uno dei più grandi produttori mondiali di pale eoliche, l’industria delle rinnovabili offre anche il vantaggio di una presenza distribuita. “Per entrare in questo settore – osserva Lorenzoni – non occorre essere un colosso e neppure possedere un livello tecnologico esasperato. Le capacità manifatturiere sono quelle che già abbiamo, con una produzione che calza al modello di piccola media impresa tipicamente italiano. Nel business inoltre viene coinvolta una molteplicità di soggetti e la diffusione ha una importante ricaduta sul territorio”. La nuova economia insomma è verde, ma è già matura per essere colta.