L’energia quotidiana
L’energia è praticamente il pane quotidiano per l’informazione, l’ossessione per molti politici e uomini di governo ai vari livelli (almeno per quelli un po’ più responsabili), l’occasione ghiotta per chi intende fare una scorribanda in borsa o addirittura tuffarsi nel business energetico. L’attualità di questo campo deriva sostanzialmente da due elementi, o se vogliamo da due grosse emergenze: il costo dell’energia, lievitato fino a raggiungere livelli insopportabili tanto per gli stati quanto – lo sappiamo benissimo – per le famiglie; la rottura degli equilibri climatici che il grande senso di responsabilità del nostro sistema dei media non ha impedito di connotare in tutta la sua drammaticità : cito per tutte la previsione della scomparsa della Sicilia da qui al 2100. Queste due emergenze sono legate fra di loro, perché basta cambiare il modo di produrre energia, ricorrendo a combustibili “pulitiâ€, per arrestare la progressiva formazione di CO2 nell’atmosfera, causa primaria dello scioglimento dei ghiacciai.
Un processo, quest’ultimo, che ha cominciato a suo volta a fare vedere i suoi effetti anche dalle nostre parti con il fenomeno dell’erosione marina.
Questo il quadro, non tanto consolante. Cosa possiamo o – per meglio dire – cosa dobbiamo fare? Il dibattito è aperto. Le soluzioni sembrano a portata di mano. Ma sul tappeto ce ne sono di diverse, contrastanti fra di loro, con un differente approccio alla materia, che si sviluppano lungo il crinale fonti rinnovabili/fonti non rinnovabili.
L’approccio dicevo. Credo che la partita si giochi tutta qui. Sull’essere, mi si passino i termini, progressisti o conservatori. E non tanto in riferimento agli schieramenti politici tradizionali, quanto proprio al ricorso a fonti rinnovabili in misura massiccia, sancendo dunque una svolta, un cambiamento, un progresso, appunto. O alla conservazione dell’attuale assetto di fonti non rinnovabili, magari rimodulato con il ritorno al nucleare o addirittura al carbone per alimentare le nostre centrali, cercando anche di risolvere nell’immediato il problema del prezzo del gas, con la diversificazione dei fornitori grazie ai rigassificatori che ci consentono di uscire dall’oligopolio in atto costituito da Russia, Algeria, Libia ed Olanda dai quali acquistiamo il gas naturale per tutti gli usi. E’ un ragionamento che va al di là del merito spicciolo o di quella che chiamano sindrome Nimby: il rigassificatore o le trivellazioni? Fateli dove volete, meno che da noi (Nimby ma sta per not in my back yard, non nel mio cortile). In questi termini è logico dire che il siracusano, in termini ambientali, ha già dato e parecchio: di qui il no forte al rigassificatore di Priolo. Mentre il no alle trivellazioni nel Val di Noto nasce da un scelta di modello di sviluppo molto legata al turismo ed ai beni culturali, anche se dimentichiamo o non sappiamo che a San Paolo, sotto Noto, è in produzione, ripeto in produzione, un giacimento di metano che Snam Rete Gas utilizza per rifornire i comuni della Sicilia sud-orientale.
Prima ancora che di merito, la questione è di metodo, di approccio, dicevo. Jeremy Rifkin è uno dei massimi esperti in materia ed ha fatto una riflessione molto suggestiva e non meno logicamente fondata. Siamo agli inizi, dice in sostanza Rifkin, della terza rivoluzione industriale, visto l’imminente esaurimento del petrolio. E siccome le prime due rivoluzioni industriali erano collegate ai sistemi di comunicazione del periodo, anche la terza lo sarà . Così nella prima rivoluzione industriale il nesso fu fra vapore e stampa; nella seconda è stato – e per certi aspetti è ancora – fra combustione interna (quindi petrolio e gas) e forme di comunicazione elettrica (telegrafo, telefono, radio, calcolatori elettrici); nella terza, dice lo studioso, sarà all’insegna della condivisione. Internet, le tecnologie wireless e la globalizzazione delle reti informatiche consentono una condivisone di informazioni di dimensioni sempre crescenti. Allo stesso modo le reti elettriche della terra sono avviate ad un processo di interconnessione che implica la condivisione. Un solo esempio è quanto mai eloquente: i pannelli fotovoltaici possono produrre energia che, qualora in eccesso, viene reimmessa in rete e resa fruibile da terzi. Ciascuno diventa al tempo stesso consumatore e produttore, per sé e per altri. Un’unità piccola, insignificante rispetto alla realtà globale, non è più tale se vista nell’ambito di una connessione, di una rete. Rifkin, lo dico a titolo di cronaca, va oltre e parla della produzione e dell’immagazzinamento di idrogeno, sempre nella stessa visione di autoproduzione e di condivisione. In questa sede è utile solo vedere come cambia la filosofia, come si rivoluziona (per la terza volta nella storia dell’umanità ) il modo di concepire e praticare la produzione di energia.
Il salto di qualità – va ammesso – è piuttosto forte. Ma sono forti tutte le rivoluzioni. C’è un alto tasso di ineluttabilità in questo processo, ormai – come si dice – nelle cose. Ecco perché l’essere progressisti, almeno su questi temi, il sapere scrutare avanti e guardare a modelli nuovi, avanzati, in linea con l’evoluzione dei sistemi di comunicazione ci aiuta a raggiungere un traguardo importante, vitale: la salvaguardia del pianeta, il mantenimento di un equilibrio che vale la nostra sopravvivenza. Sicuramente quella dei nostri figli e dei nostri nipoti.
GIANNI STORNELLO consigliere generale ASI