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Il ponte sullo stretto e la questione politica

Posted in Articoli by admin on 5 Settembre 2006

Liberare la questione del ponte sullo stretto dall’abbraccio soffocante delle ideologie e del peso dei tanti luoghi comuni, credo ci sia un solo percorso: esaminare gli studi che nel corso degli anni sono stati prodotti da organi competenti e qualificati.

Il materiale non manca: il progetto della Spa, le analisi degli Advisor, la relazione della commissione ad hoc del passato consiglio comunale di Messina, i rilievi mossi dal Cipe, le deduzioni del Wwf, lo studio di fattibilità economica dell’Università di Reggio, solo per citarne alcuni. Ebbene, alla fine di una paziente e serena lettura, alcuni interrogativi si impongono e pretendono una risposta chiara. Vado per accenni: si dice che il ponte si farà senza impegno per le casse dello Stato, cioè con capitale interamente privato. Ora sembra difficile ammettere ciò dal momento che i 25 miliardi di euro a oggi accantonati per l’aumento di capitale della Spa Stretto di Messina, provengono da società a capitale interamente pubblico (Fintecna, Anas, Ferrovie dello Stato), e dal momento che lo stato si impegna a saldare ai privati l’eventuale disavanzo fra flussi di traffico (e dunque di reddito) previsti ed effettivi.

Anche la famosa formula per cui il ponte “si finanzia da solo�? risulta mal digeribile quando si esaminano le relazioni degli Advisor, che spiegano che, lungi dall’aumentare i flussi di traffico su gomma attraverso lo stretto sono in costante diminuzione (- 6% auto, -8% camion), a fronte di un aumento del 45% del traffico aereo della Sicilia e del 105 % del traffico commerciale marittimo. Secondo questi studi, attraverseranno il ponte solo 18 mila veicoli al giorno (a fronte di una potenzialità di 100 mila), cioè con una utilizzazione del manufatto di appena il 18%. Non solo l’Impregilo (l’impresa che dovrebbe costruire il ponte) prevede di doverlo tenere chiuso (per ragioni atmosferiche e di sicurezza) 80 giorni l’anno per le auto, 120 per i treni e 140 per i camion telati. Vuol dire un terzo del tempo disponibile! Vuol dire che la flotta di traghetti non potrà essere dimessa dovendo, comunque, essere assicurato il servizio!

Si sostiene, poi, che “l’alta velocità ferroviaria arriverà in Sicilia solo grazie al traino del ponte�?. Tale auspicabile evenienza si scontra purtroppo con alcune semplici evidenze. L’alta velocità a sud di Salerno costa 24 miliardi di euro, una cifra gigantesca, e le ferrovie fino ad ora non hanno stanziato un centesimo né prodotto una sola pagina di studi di fattibilità. E’ come dare torto alle Ferrovie, visto che prima dell’alta velocità in Calabria occorre aver “la normale velocità�? delle ferrovie siciliane: i treni commerciali in Sicilia – a causa di una rete costituita per il 95% da un binario unico – viaggiano oggi alla mortificante velocità di 24 km orari: la più bassa d’Europa.

E infine, non è scontato, che la costruzione del ponte farebbe da volano all’economia siciliana. Infatti, da molti anni questa parte il mondo produttivo siciliano preferisce usare il mare: più economico, più rapido. Ogni giorno dalla Sicilia vengono imbarcate su traghetti e mercantili 205.000 tonnellate di derrate, ossia il 70% dell’intero traffico commerciale con il continente. Basterebbe solo una parte delle risorse destinate al ponte per rendere i nostri porti moderni e competitivi, capaci di intercettare l’enorme flusso di merci provenienti dall’Asia.

Mi fermo qui, tralasciando di proposito altre questioni, la sostenibilità ambientale, il fattore mafia, il consenso delle popolazioni locali, etc., su cui comunque sarebbe opportuno confrontarsi.

Chi propugna la costruzione di questa complessa opera pubblica deve dare una risposta credibile a questioni come quelle che mi sono sforzato di richiamare. Non possiamo permetterci di far subire al ponte il destino dell’aeroporto della Malpensa (progettato per accogliere un traffico di 20 milioni di passeggeri l’anno e ridotto nei fatti ai livelli operativi dell’aeroporto di Bergamo) o di tante cattedrali nel deserto prodotte dalla insipienza nazionale e locale. D’altra parte chi – pur non avversandone in linea di principio la costruzione – afferma non essere oggi una priorità (e io sono tra questi) deve sforzarsi di indicare da subito in quale direzione impiegare le risorse disponibili per la crescita. In questa direzione va il mio impegno personale e quello della parte politica cui appartengo.

La diatriba sul ponte non può diventare un alibi per riempire il vuoto della iniziativa politica che da troppo tempo mortifica le potenzialità e le energie della Sicilia.

Nino Di Guardo
Deputato Regionale DS

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