Ambiente Ibleo – Portale ambientalista del Sud-Est Siciliano


No Muos: lettera al Papa contro la guerra e l’impianto Usa

Posted in Pubblica Evidenza by admin on 7 Settembre 2013

7 settembre 2013, 10:33

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Pubblichiamo la missiva inviata al Pontefice dal comitato di Piazza Armerina

“Caro Papa Francesco,

spirano sempre più forti i venti di guerra sul Mediterraneo, non più mare di pace, e la nostra terra di Sicilia non è più isola di cultura ma portaerei per fini bellici di superpotenze che si alimentano, insaziabili, dei profitti dell’economia di guerra.

Consapevoli di non dire nulla di nuovo, Le evidenziamo alcuni fatti:

all’interno della stupenda sughereta di Niscemi in Sicilia (Sito di Interesse Comunitario), la Marina Militare degli Usa, senza interpellare il Parlamento Italiano e la cittadinanza, ha installato, a partire dal 1991, 46 antenne per le telecomunicazioni con truppe e mezzi bellici nel Mediterraneo (può ricavare ulteriori informazioni dal libro Piazza No MUOS che abbiamo l’onore di donarLe);

è in costruzione, sempre all’interno della sughereta, il quarto impianto terrestre del MUOS, composto da tre parabole gigantesche che hanno il compito di guidare i droni (aerei senza pilota perché il pensiero umano è pericoloso), sommergibili, truppe e singoli soldati. La guerra sarà a portata di joystick.

La popolazione si è costituita in comitati che, coadiuvati da tante persone di buona volontà, stanno affrontando la problematica sotto diversi aspetti. Ma, sullo scoglio della totale mancanza di trasparenza e di democrazia reale, si imputridiscono le cattive abitudini italiche date dai partiti e dai vizi dei politici che condizionano organi di stato e i mezzi di informazione alla mercé dei poteri forti.

In un balletto di atti istituzionali, di revoca della revoca, di dichiarazioni fallaci pure in contraddizione diacronica tra loro, di azioni repressive sempre più frequenti, in presenza della manipolazione mediatica pressoché universale, il messaggio univoco che arriva ai cittadini è che il “MUOS s’ha da fare”, costi quel che costi. Ma  l’opinione pubblica sta sempre più cogliendo il nesso tra MUOS e guerre: il fronte di chi sta aprendo occhi e mente è sempre più vasto e pone, tra l’altro, un grosso problema di democrazia reale. La sensazione è di impotenza e frustrazione per il non ascolto di istanze vitali per la società, quali il rifiuto di guerre e del riarmo, il rispetto della sovranità territoriale, la difesa della salute e dell’ambiente.

In questi giorni, la pace è in forte pericolo.

Le forze del profitto e della guerra hanno già deciso il futuro del pianeta, suddiviso in aree da immiserire progressivamente e da soggiogare. In questo quadro, l’Europa del Sud è condannata a essere prima avamposto per l’aggressione ai paesi del Medio Oriente e del Maghreb e successivamente oggetto di ulteriore militarizzazione per il dominio culturale definitivo sui popoli ridotti a miseria.

La Sua autorità, caro Papa Francesco, è forte. Abbiamo apprezzato il suo grido contro la guerra che scuote anche chi, nella Chiesa, è sordo ai venti della pace.

Ci rivolgiamo a Lei perché noi, “credenti e non credenti”, siamo convinti che in questa terra possano vincere la vita e le forze del bene sull’oscurità del male e della guerra.

Per questo accogliamo il Suo invito a partecipare in piazza San Pietro alla giornata di digiuno e di preghiera di giorno 7 settembre.

Siano le Sue parole di pace e speranza monito verso la politica e i piccoli uomini deboli e corrotti.

Grazie e un caro saluto fraterno.

COMITATO No MUOS Piazza Armerina”

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Sicilia, Etna patrimonio dell’Unesco: la cerimonia il 4 e 5 ottobre

Posted in Letture by admin on 7 Settembre 2013

Sarà il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, insieme al presidente della Regione Rosario Crocetta, ad aprire la cerimonia ufficiale d’iscrizione dell’Etna nel Patrimonio mondiale dell’Umanità, inaugurando a Catania la targa con il riconoscimento dell’Unesco. La data è ora ufficiale: l’appuntamento è previsto il 4 e 5 ottobre.

“Stiamo organizzando insieme al Parco dell’Etna una serie di eventi per celebrare nel migliore dei modi un riconoscimento importante non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia”, dice l’assessore Lo Bello che nei giorni scorsi ha fatto visita al Parco dell’Etna dove ha incontrato il presidente Marisa Mazzaglia per pianificare il programma delle iniziative.

“Il vulcano dell’Etna – ricorda ancora Lo Bello – è il quarto patrimonio mondiale italiano iscritto per criteri naturali, dopo le isole Eolie, il monte San Giorgio e le Dolomiti, nell’elenco dei siti Unesco. Il premio è stato accolto all’unanimità dai 21 Stati membri del Comitato dell’Unesco e dai rappresentanti di 13 Paesi”.

Fonte

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Perchè un contadino medievale aveva più tempo libero di te

Posted in Letture by admin on 5 Settembre 2013

Di Lynn Parramore

La vita per il contadino medievale non era certo una scampagnata. La sua vita era segnata dalla paura della carestia, della malattia e dai venti di guerra. La sua dieta e l’igiene personale lasciavano molto a desiderare. Ma nonostante la sua reputazione di miserabile, lo si potrebbe invidiare per una cosa: le sue vacanze.

L’aratura e la raccolta erano faticosi compiti, ma il contadino poteva godere ovunque da otto settimane a sei mesi all’anno di riposo. La Chiesa, consapevole di come mantenere una popolazione lontano dalla ribellione, ordinava frequenti feste obbligatorie. Matrimoni, veglie e nascite significavano una settimana di riposo a tracannare birra per festeggiare, e quando i vagabondi giocolieri o gli eventi sportivi arrivavano in città , per il contadino era previsto del tempo libero per l’intrattenimento. C’erano domeniche libere dal lavoro, e quando le stagioni di aratura e raccolta erano finite, il contadino aveva anche tempo di riposare. In effetti, l’economista Juliet Shor ha scoperto che durante i periodi di salari particolarmente alti, come l’Inghilterra del 14° secolo, i contadini potevano lavorare non più di 150 giorni l’anno.

E per il moderno lavoratore americano? Dopo un anno di lavoro ottiene una media di otto giorni di vacanza all’anno.

Non doveva finire così : John Maynard Keynes, uno dei fondatori della moderna economia, fece una famosa previsione che entro il 2030 le società  avanzate sarebbero state abbastanza ricche che il tempo libero, piuttosto che il lavoro, avrebbe caratterizzato gli stili di vita nazionali. Finora , tale previsione non è stata rispettata.

Che cosa è successo? Alcuni citano la vittoria della moderna giornata di otto ore, 40 ore nella settimana lavorativa che pose fine alle punitive 70 o 80 ore del lavoratore del 19° secolo passate a lavorare duramente come prova che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Ma gli americani hanno da tempo detto addio alla settimana lavorativa di 40 ore, e l’analisi di Shor sui modelli di lavoro rivela che il 19° secolo fu un’aberrazione nella storia del lavoro umano. Quando i lavoratori combatterono per la giornata lavorativa di otto ore, non stavano cercando di ottenere qualcosa di radicale e nuovo, ma piuttosto per ripristinare ciò di cui i loro antenati avevano goduto prima che i capitalisti industriali e la lampadina elettrica entrassero in scena. Tornando indietro a 200, 300 o 400 anni fa, e si scopre che la maggior parte delle persone non lavoravano affatto molte ore. Oltre al relax durante le lunghe vacanze, il contadino medievale aveva il suo tempo per mangiare i pasti e di giorno spesso era incluso il tempo per un sonnellino pomeridiano. ” Il ritmo della vita era lento, anche piacevole, il ritmo di lavoro rilassato “, osserva Shor . “I nostri antenati non potevano essere ricchi, ma avevano l’abbondanza di tempo libero.”

Tornando al 21° secolo, gli Stati Uniti sono l’unico paese avanzato senza nessuna politica di vacanza nazionale. Molti lavoratori americani devono continuare a lavorare per giorni festivi e i giorni di vacanza sono spesso inutilizzati. Anche quando si riesce ad avere una vacanza, molti di noi rispondono a messaggi di posta elettronica e di ” check-in ” addirittura se siamo in campeggio con i bambini o cercando di rilassarci sulla spiaggia.

Alcuni incolpano il lavoratore americano di non prendere ciò che gli spetterebbe. Ma in un periodo di elevata e costante disoccupazione, precarietà e debolezza dei sindacati, i dipendenti possono non avere altra scelta che accettare le condizioni stabilite dalla cultura e dal datore di lavoro privato. In un mondo di occupazione a gogò, in cui il contratto di lavoro può essere risolto in qualsiasi momento, non è facile sollevare obiezioni.

È vero che il New Deal riportò alcune delle condizioni che i lavoratori agricoli e artigiani del Medioevo davano per scontato, ma dal 1980 le cose sono andate costantemente peggiorando. Con l’occupazione a lungo termine sempre più lontana, la gente salta da un lavoro all’altro, così l’anzianità non offre più i vantaggi di giorni aggiuntivi di riposo. Il trend di crescita dell’orario full e part-time di lavoro, alimentato dalla Grande Recessione, significa che per molti l’ idea di una vacanza garantita è solo un pallido ricordo.

Ironia della sorte, questo culto della fatica senza fine non aiuta nei risultati. Studi e ricerche dimostrano che il superlavoro riduce la produttività. D’altra parte le prestazioni aumentano dopo una vacanza quando gli operai tornano con rinnovata energia restaurata e concentrazione. Più lunga è la vacanza più le persone sono rilassate e felici al ritorno in ufficio.

Le crisi economiche forniscono ai politici dalla mentalità ristretta alla sola austerità le scuse per parlare di diminuzione del tempo libero aumentando l’età pensionabile, e di tagli per i programmi di assicurazione sociale e degli ammortizzatori sociali che avrebbero dovuto consentirci un destino migliore che lavorare fino allo sfinimento. In Europa, dove i lavoratori hanno in media da 25 a 30 giorni di ferie all’anno, politici come il presidente francese Francois Hollande e il primo ministro greco Antonis Samaras stanno inviando segnali che la cultura delle vacanze lunghe sta arrivando al termine. Ma la convinzione che le vacanze più brevi portano vantaggi economici non sembra piacere. Secondo l’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE ), i greci, che devono affrontare una crisi economica orribile, lavorano più ore rispetto a tutti gli altri europei. In Germania , una potenza economica, i lavoratori si classificano secondi per numero di ore lavorate più basse lavorate. Nonostante abbiano più tempo di riposo, i lavoratori tedeschi sono all’ottavo posto come i più produttivi in Europa, mentre i greci con lunghe ore di lavoro si piazzano al 24° posto su 25 per quel che riguarda la produttività.

Al di là dello sfinimento, vacanze di corta durata fanno soffrire i nostri rapporti con le famiglie e gli amici. La nostra salute si sta deteriorando: la depressione e alto rischio di morte sono tra gli esiti per la nostra nazione senza vacanze [NdA, gli USA]. Alcune persone lungimiranti hanno cercato di invertire questa tendenza, come l’economista progressista Robert Reich che ha argomentato a favore di un periodo obbligatorio di tre settimane di vacanza per tutti i lavoratori americani. Il deputato Alan Grayson ha proposto la legge Paid Vacation del 2009, ma, ahimè, il disegno di legge non ha nemmeno varcato la soglia del Congresso .

Parlando del Congresso, i suoi membri sembrano essere le uniche persone in America ad ottenere più tempo libero del contadino medievale. Hanno avuto 239 giorni di riposo quest’anno.

Link http://blogs.reuters.com/great-debate/2013/08/29/why-a-medieval-peasant-got-more-vacation-time-than-you/ articolo originale in inglese.

Traduzione di Daniele Pace

FOTO: Caitlin, un turista australiano, gode il sole su una spiaggia della Croisette durante una calda giornata estiva a Cannes 31 luglio 2013 . REUTERS / Eric Gaillard

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TERRA MUTA DI GIANNI LANNES

Posted in Rassegna Stampa by admin on 31 Agosto 2013

La critica:

“Terra Muta di Gianni Lannes è un libro forte, potente, possente pari ad un tuono che esplode nelle mani e nella testa del lettore. Percorso da una corrente elettrica continua, il libro con una forza perforante racconta dal di dentro fatti e avvenimenti che ci riguardano ma che mediaticamente non hanno alcuna cittadinanza, ribalta visuali prospettiche consolidate , rompe stereotipi e luoghi comuni anacronistici, smantella le coscienze “anestetizzate e lobotomizzate” da una cecità sempre più ottundente.

Una ragnatela di interrogativi si dissemina tra le pagine di Terra Muta nel mentre l’Autore, adoperando il punto di vista focale di un giornalista coraggioso e controcorrente porta il lettore dentro le “macerie” del Belpaese che, attraverso zoomate ravvicinate, assume fattezze raccapriccianti e apocalittiche…”.

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/terra-muta-parola-dello-scrittore.html

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/06/terra-muta-pero-guerra-eloquente.html

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/terra-muta-parola-di-un-lettore.html

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Il Café: un arbusto ecologico generatore di bene al humanus

Posted in Documenti by admin on 30 Agosto 2013

Il Caffè – Coffea arabica L. Fam Rubicaceae–datore dello squisito caffè è un alleato solidaledella foresta. Entrambi sono necessari, la foresta lì dà la penombra indispensabile per la vita, il caffè a sua volta richiede all’agricoltore di mantenere l’indispensabile fronda selvaticain questo modo lì ricompenserà una sicura ricchezza onesta.

Arbusto allora, ecologico e bello, produttore dimolteplici risorse per gli esseri umani, l’intensità del verde del suo fogliame rinvigorisce le sfumature del paesaggio, quando “las florece” il vivace bianco dei suoi fiori insieme alla sua fragranza esalta elementari  sentimenti estetici del agricola;  il carmine dei suoi frutti al maturare fa felice l’ambito rurale nominato nell’antichità latina il Amenitatis Ruris, alla quale si aggiunge la speranza di buon reddito per l’agricoltore.

La bevanda del caffè è la più consumata al mondo –dopo quella alcolica– tale da garantire un mercato affidabile, sempre in crescita, la redditività non delude mai gli investimenti. La lunga catena degli spazi di commercio del settore si traduce anche in posti di lavoro abbondanti, impieghi, in ogni caso. Afferma al riguardo il botanico Jesús Hoyos nel suo libro Frutales en Venezuela –Caracas, La Salle, 1994–, “La produzione di caffè in Venezuela, nel 1984 è stata di 61.000 tonnellate per un valore di 575 milioni di bolivares” –p. 251 –. Ha iniziatol’agricoltura in Venezuela tra il 1783 – 1784 sulle fattorie al di fuori della città di Caracas.

Il processo di questo evento lo registra in una prosa eccellente lo scrittore Aristides Rojas, nel suo resoconto storico affettivo etichettato LA PRIMERA TAZA DE CAFÉ EN EL VALLE DE CARACAS. Si collega a questo evento tre nomi famosi, il sacerdote José Antonio Mohedano, ilfarmacista Bartolomeo Blandin e il padre Pedro Sojo. Curiosamente la coltivazione di questobenefattore arbusto è stata collegata allo sviluppo musicale di Caracas e le zone circostanti.

Aristides Rojas dice: “Quando si parla dell’introduzione di caffè nella valle di Caracas, ha ricordato l’arte musicale, in un momento in cui il signor Blandin e Sojo, svolgono un ruoloimportante nella filarmonica della capitale. I ricordi dell’arte musicale e la coltivazione del caffèsono per il campo di Chacao quello che per gli antichi castelli feudali le leggende dei  trovatori“… –Oscar Sambrano Urdaneta, Tradiciones venezolanas. Caracas, Ministerio de Educación, 1964. P. 54–.

Due poeti venezuelani scrivono sul cafeto con ammirevoli filiali ecologiche, nel secolo XIXGonzalo Picon Febres –Mérida, 1860 –Curaçao, 1918–. Gran parte del lavoro lirico di questoesemplare merideño ha cantato alla vita rurale delle Ande venezuelane ¡Trovatore dellageorgicidad!– cosí ha elogiato anche in uno dei suoi versi la singolare flora delle montagnemerideñas –sativa o selvatica– insieme con il suo paesaggiodi valli strette, faldas, vegas, páramos e, naturalmente, l’uomo e la donna contadina abitanti dei villaggi di questa “alomada” geografia. Ha composto questo bel sonetto sul caffè, preso dalla sua collezioneClaveles encaramados y amarillos. Curazao, 1983. P.54–.

Gonzalo Picon Febres

IL CAFFÈ

Nella vega, in cima, sulla spianata luce il caffè e i suoi limpi di verdori e coprendosi va di bianche fiori al sonante gorgogliare del ruscello. Rossa come la splendida fragranza gonfiata e di dolcezze, a poco detiene in mazzi vivitori la frutta già melliflua e condita. Riconettaredopo, fragrante da fumo in tazza blu di porcellana cinese, dove la sfumatura d’oro lampeggia. E nel ascendere alla regione divina da cui emerge il ritmo dell’idea Diventa strofapellegrina.

In questo secolo la poeta caraqueña Nada Salas nel suo poemario Raigambre –Caracas, 2001– celebra il regno vegetale del Pianeta Blu in più di un centinaio di odi. Sa leggere con saggezza questa sublime trovatora lo spirito delle piante. Con la stessa devozione per gli scenari botanicidel Nuovo Mondo del cantor della “Zona Tórrida” Andrés Bello. Essa ha versato con maestria nelle strofe del suo poemario Raigambre le canzoni dei genitori alberi percepite dall’incanto del verdore, attraverso la costante presenza del incrociamento ludico degli enti della natura vegetale con la ventura intima del umano, e così ha scritto circa il benefattore arbusto:

Nada Salas

L’ALBERO DI CAFFE IN FIORE, Coffea arabica

Reincarnato Nella eredità del fogliame “Albean” profumate Righe Di Astros breve in nostalgico trance scrutanno la tazza celeste da dove in tempi passati versavano i Suoi splendoriPrima che diventino perline colorate prima che il fuoco l’arrostisca e l’aria venga insufflata conle ceneri del suo candore prima che il suo rosso odore umidisca l’umile tazza di nuovo voglio cantare ai loro rami costellati dicandi di germogli–Raigambre, pag 24–.

Il narratore venezuelano Manuel Díaz Rodríguez –Caracas, 1871 – NewYork, 1927– raccontadi maniera patetica la vita contadina nei villaggi dell coltivazione del caffè del centro-settentrionale del paese nel suo eccellente romanzo Peregrina –Madrid, 1922–. Anche se la favola del libro tesse un racconto d’amore tragico tra gli abitanti dei villaggi, in fondo le sue pagine rendono omaggio a questo bellissimo arbusto ecologico, così importante per l’economiadi questa regione tra i secoli XIX e XX. Con il magistrale paragrafo finale, questo operaconclude anche questo scritto per la Fondazione AZUL AMBIENTALISTAS.

“Dominò di nuovo il silenzio e nella notte calma e silenziosa si diffuso un profumo di gelsomino. Già mezzo aperto tutto il giorno, appena si è aperta quella notte il fiore di caffè. E il giorno dopo spuntò la piantagione di caffè tutta bianca. Sotto di una savana di neve fragrante e fiorita si nascondevano il nero, il verde e il grigio dei tronchi. Era come se la piantagione di caffè si avessi agghindato in donazione della che presto, inerte e muta, doveva passare sotto il baldacchino del loro gelsomini di neve. Era come se la piantagione di caffè si avessi messo a ordire e offrire, in una stessa stoffa della natura in fiore, in una sola volta il velo di nozze e il sudario del fiore che è nato ed è morto nel suo confine, sorella di candido “abrilito” e il “giglio” in viola, confidente e amica profumata “buon pomeriggio”, compagna di silvestre “non midimenticare” e “eliotropio”,…

–Manuel Díaz Rodríguez, Obras selectas. Caracas, Edime, 1968. pp. 459–460–.

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La Siria, il Muos, le nuove guerre e il vuoto della politica

Posted in Articoli by admin on 28 Agosto 2013

Venti di guerra nel Mediterraneo, quindi. Che ci riguardano, e tanto. Non solo perché paese affacciato sullo stesso mare dove è esplosa la crisi o perché nella Nato, ma soprattutto perché, anche contro la nostra volontà, saremo centrali nel prossimo e vicinissimo conflitto. Militarmente.

Domani – o addirittura oggi stesso – gli Usa e la Nato daranno il via a un’operazione di guerra in Siria. Aerea, ovviamente. Infilarsi in un’operazione che preveda un intervento di terra sarebbe una follia, visto che poi comunque la carne da cannone è già sul campo a farsi cannoneggiare dopo che per mesi le armi e gli aiuti all’opposizione a Assad pagati dalle democrazie occidentali sono andati “a regime”.

L’Egitto, intanto, è scivolato in coda nella gerarchia delle notizie con velocità impressionante, ma è una bomba innescata nel Mediterraneo che è destinata a esplodere nei prossimi mesi.

Venti di guerra dopo le speranze delle presunte “primavere arabe”.

Cose che ci riguardano, se fossimo un paese normale. Ma non lo siamo. Abbiamo altro di ben più importante a cui pensare. Abbiamo la grazia, il lasciapassare o il regalino a Silvio Berlusconi, Luciano Violante che non vede l’ora di farlo quel regalino, i montiani esultano; e intanto Grillo vuole mantenere il porcellum e taglia teste nel suo partito padronale al minimo dubbio, il Pd ormai è almeno tre partiti, mezza azienda e quattro camioncini della porchetta, la sinistra non è diffusa e ancor meno “radicale” e il governo vivacchia fra un ricatto e un veto, una minchiata e un’altra.

La politica. Oh, si, la politica italiana. Nel mondo ci conoscono bene, dopo tutto ci siamo tenuti Silvio Berlusconi per vent’anni e siamo passati dal più grande partito comunista dell’Europa occidentale al peggiore partito di centro sinistra del continente senza battere ciglio. Non ci prendiamo sul serio noi, figuriamoci se lo fanno i nostri alleati e soprattutto gli Stati Uniti.

La nostra inconsistenza politica si rispecchia nel ceto che l’ha occupata, un ceto vecchio e nuovo che governa da vent’anni il teatrino mediatico strangolando ogni novità che emrge all’esterno e al quale perfino Grillo si è iscritto fingendo di essere altro.

Un ceto inamovibile, autoreferenziale, inconsistente, culturalmente sciatto e impegnato solo a sopravvivere o a occupare spazi di potere attraverso un processo che comprende la negazione della realtà, l’assenza di ascolto verso la società e soprattutto ha rimosso la pur minima vocazione di agire per il pubblico interesse. Tutto il resto non c’è. Non ci sono i movimenti – e quei pochi che nascano vengono o isolati o strumentalizzati – non ci sono gli intelletuali, non ci sono i giornali. Scivoliamo dalla marginalità alla pantomima.

Venti di guerra nel Mediterraneo, quindi.

Che ci riguardano, e tanto. Non solo perché paese affacciato sullo stesso mare dove è esplosa la crisi o perché nella Nato, ma soprattutto perché, anche contro la nostra volontà, saremo centrali nel prossimo e vicinissimo conflitto. Militarmente. Se non saremo direttamente coinvolti con nostri mezzi, la presenza di basi Nato e Usa sul nostro territorio comunque ci renderà protagonisti a prescindere dalla nostra stessa volontà. In particolare, la Sicilia sarà trascinata dentro a un conflitto inumano – e politicamente miope per le reazioni che scatenerà – come quello che si delinea: ad alta tecnologia e con il minimo coinvolgimento di esseri umani.

Quindi droni.

E dove sono i Droni nel Mediterraneo? A Sigonella. E dove si sta terminando l’ultimo nodo della rete di controllo degli aerei teleguidati? A Niscemi. E si sta parlando del Muos.

E proprio a Niscemi sta andando in scena da mesi la pantomima più squallida. Un movimento, di cittadini e di popolo, è diventato suo malgrado il bersaglio delle campagne demagogiche e strumentali della peggiore scuola politica e mediatica italiana. Quelle di Crocetta, quelle del Pd, quelle di chi cerca di criminalizzare o strumentalizzare. Prima il Muos non lo voleva nessuno, a parole, poi – se dice bene – sono spariti tutti, riducendo il movimento e i cittadini di Niscemi a uno stato di isolamento inimmaginabile fino a due mesi fa, schiacciati dalla macchina da guerra degli Usa, dalla politica italiana prona agli ordini dell’alleato forte e dalla inevitabile lettura di quel conflitto sacrosanto fra interessi comuni e logiche di guerra come una semplice questione di ordine pubblico. Come sta avvenendno nel quasi totale silenzio in questo raccapricciante finale di estate.

E tutto questo avviene senza che nessuno provi il minimo imbarazzo.

Un movimento, quello del NoMuos, che è nato dalla preoccupazione, trasformatosi in allarme, per gli effetti delle emissioni elettromagnetiche sulla salute e l’ambiente – dovreste vedere quale è l’incidenza di tumori e leucemie in quel territorio – e poi diventato pienamente consapevole di quello che il Muos rappresenta già oggi nelle guerre di oggi e del futuro. Una guerra di macchine. Senza emozioni e dubbi umani. Si, perché – e qui la disinformazione in Italia ha ragiunto vette sublimi con il compiacimento della politica – il Muos, o meglio la base Usa di Niscemi e le antenne, ci sono da più di un decennio e la parte relativa alle nuove installazioni è di fatto quasi terminata e probabilmente in parte già operativa. Da qui le comunicazioni a erei e sommergibili e navi, da qui i comandi ai droni, da qui una rete di spionaggio e controllo globale delle comunicazioni da far impallidire il preistorico Echelon.

Quest’anno cade il trentennale di Comiso, di quel movimento che cambiò tanto in Sicilia e nel nostro paese sulla percezioni delle relazioni internazionali e della politica Atlantica. Potenzialmente il Muos per gli Usa ha un’importanza strategica 20 volte superiore a quella rappresentata dalla base di euromissili di Comiso. Quel movimento ebbe un impatto enorme, innescando relazioni nazionali e internazionali, mettendo insieme i territori di mezzo mondo, coinvolgendo intellettuali e politica, proponendo un intreccio non strumentale fa movimento, associazioni, il Pci di Pio La Torre e l’associazionismo cattolico: da lì nasce il movimento ecopacifista, non solo in Italia ma in Europa.

NoMuos invece viene letto come fatto locale, marginale. E facilmente occultabile e da spazzare via con la repressione senza tanti occhi indiscreti. Ed è tutto facilmente comprensibile, in questa vigilia di guerra. Ilmovimento della pace è stato spazzato via a Genova nel 2001 dalla macelleria messicana, i movimenti territoriali come quelli contro l’Alta velocità o le discariche o i mega progetti di opere pubbliche inutili e distruttive sono stati progressivamente isolati e criminalizzati. E soprattutto è scomparsa la politica. Cioè, lo spazio della politica è ancora lì, ma è stato occupato – e con il porcellum perfino abusivamente – da un ceto politico assolutamente autoreferenziale e sordo a qualsiasi cosa si muova nella società.

Questo il punto. Questo dove è necessario prendere posizione e mettere la faccia. Chiamando le cose con il loro nome e impedendo che queste ultime barricate di una civiltà fondate sulle persone e non sugli interessi di ceti senza rappresentatività vengano spazate via dal silenzio prima ancora che dall’esercizio muscolare del potere.

Casa originale di questo articolo

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Altro terremoto al largo delle coste siciliane tra Pozzallo e Malta

Posted in Documenti by admin on 27 Agosto 2013

Magnitudo(Ml) 3.7 – Malta – Evento in mare
26/08/2013 05:45:25 (italiana)
26/08/2013 03:45:25 (UTC)

Map Location

Comunicato


Un terremoto di magnitudo(Ml) 3.7 è avvenuto alle ore 05:45:25 italiane del giorno 26/Ago/2013 (03:45:25 26/Ago/2013 – UTC).
Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Mar_di_Sicilia.
I valori delle coordinate ipocentrali e della magnitudo rappresentano la migliore stima con i dati a disposizione. Eventuali nuovi dati o analisi potrebbero far variare le stime attuali della localizzazione e della magnitudo.

Dati evento


Event-ID 7229581450
Magnitudo(Ml) 3.7
Data-Ora 26/08/2013 alle 05:45:25 (italiane)
26/08/2013 alle 03:45:25 (UTC)
Coordinate 36.411°N, 14.084°E
Profondità 10 km
Distretto sismico Mar_di_Sicilia
Comuni entro i 10Km

Comuni tra 10 e 20km

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Due terremoti in Sicilia in meno di due ore

Posted in Documenti by admin on 24 Agosto 2013

Magnitudo(Ml) 2.2 – ITALIA – Evento in mare
24/08/2013 21:36:03 (italiana)
24/08/2013 19:36:03 (UTC)

Map Location


Comunicato


Un terremoto di magnitudo(Ml) 2.2 è avvenuto alle ore 21:36:03 italiane del giorno 24/Ago/2013 (19:36:03 24/Ago/2013 – UTC).
Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Golfi_di_Patti_e_di_Milazzo.
I valori delle coordinate ipocentrali e della magnitudo rappresentano la migliore stima con i dati a disposizione. Eventuali nuovi dati o analisi potrebbero far variare le stime attuali della localizzazione e della magnitudo.

Dati evento


Event-ID 7229562160
Magnitudo(Ml) 2.2
Data-Ora 24/08/2013 alle 21:36:03 (italiane)
24/08/2013 alle 19:36:03 (UTC)
Coordinate 38.132°N, 15.11°E
Profondità 10.1 km
Distretto sismico Golfi_di_Patti_e_di_Milazzo
Comuni entro i 10Km

BASICO’ (ME)
FALCONE (ME)
FURNARI (ME)
MAZZARRA’ SANT’ANDREA (ME)
OLIVERI (ME)
RODI’ MILICI (ME)
TRIPI (ME)
TERME VIGLIATORE (ME)

Comuni tra 10 e 20km

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)
CASTROREALE (ME)
FONDACHELLI-FANTINA (ME)
LIBRIZZI (ME)
MERI’ (ME)
MILAZZO (ME)
MONTAGNAREALE (ME)
MONTALBANO ELICONA (ME)
NOVARA DI SICILIA (ME)
PATTI (ME)
SAN FILIPPO DEL MELA (ME)
SAN PIERO PATTI (ME)
SANTA LUCIA DEL MELA (ME)

_______________________________________________________________________________

Magnitudo(Ml) 4 – SICILIA – RAGUSA
24/08/2013 19:18:18 (italiana)
24/08/2013 17:18:18 (UTC)

Map Location
Hai sentito il terremoto? Clicca qui.

Comunicato


Un terremoto di magnitudo(Ml) 4 è avvenuto alle ore 19:18:18 italiane del giorno 24/Ago/2013 (17:18:18 24/Ago/2013 – UTC).
Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Golfo_di_Noto-Capo_Passero.
I valori delle coordinate ipocentrali e della magnitudo rappresentano la migliore stima con i dati a disposizione. Eventuali nuovi dati o analisi potrebbero far variare le stime attuali della localizzazione e della magnitudo.

Dati evento


Event-ID 7229560780
Magnitudo(Ml) 4
Data-Ora 24/08/2013 alle 19:18:18 (italiane)
24/08/2013 alle 17:18:18 (UTC)
Coordinate 36.711°N, 14.996°E
Profondità 10 km
Distretto sismico Golfo_di_Noto-Capo_Passero
Comuni entro i 10Km

PACHINO (SR)

Comuni tra 10 e 20km

ISPICA (RG)
POZZALLO (RG)
NOTO (SR)
ROSOLINI (SR)
PORTOPALO DI CAPO PASSERO (SR

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Consumate le risorse annuali, dal 20 agosto la Terra è in riserva …

Posted in Articoli by admin on 21 Agosto 2013

Oggi, martedì 20 agosto 2013, è l’Earth Over Shoot Day. Vale a dire che oggi è l’ultimo giorno in cui i7 miliardi e rotti di abitanti del Pianeta Terra campano grazie alle risorse disponibili per quest’anno. Da domani e fino al 31 dicembre viaggeremo in riserva. Sarebbe come dire che oggi ci siamo già spesi gli ultimi nostri soldi del 2013, compresi gli stipendi che dobbiamo ancora prendere da qui a fine anno, e per arrivare a Capodanno da domani iniziamo a prelevare dal conto di nostro figlio.

Nel 1961 l’umanità usava più o meno i due terzi delle risorse ecologiche disponibili e ancora nel 1990 riuscivamo ad arrivare quasi a fine anno (7 dicembre). Il tracollo è negli ultimi venti anni e il tendenziale dell’ultimo decennio è letteralmente spaventoso.

Viviamo enormemente al di sopra delle nostre possibilità e il problema non è solo (e non è tanto) la sovrappopolazione, quanto proprio i nostri stili di vita, di consumi, i sistemi di produzione, distribuzione, trasformazione, lo spreco eccessivo in tutti i settori (a partire dall’energia e dal cibo).

La situazione è drammatica, da anni centinaia di organizzazioni (ormai non più solo gli ambientalisti, ma una larghissima schiera di realtà le più disparate) vanno denunciando la criticità della situazione. E vanno proponendo alternative, più o meno credibili e praticabili (ma molte lo sono!), tutte però convergenti sulla necessità di attuare un profondo cambiamento.

Un cambiamento che, si badi, se non sapremo praticare come nostra libera scelta ci verrà forzatamente e violentemente imposto dalla natura. Cosa che in parte, peraltro, sta già accadendo.

In questo scenario è quanto mai sconfortante, deprimente, assistere al silenzio assoluto della politica. Siamo da settimane, anzi da venti anni, inchiodati alle vicende del pregiudicato di Arcore e null’altro sembra contare. E quando si parla di economia ecco che compare il mantra: crescita, crescita, crescita. Quando proprio la crescita, fine a sé stessa e smisurata, è la prima causa della tragedia ecologica che ci attende e della stessa crisi che stiamo vivendo. Ben prima che la politica ne abbia preso compiutamente atto, il sistema economico ha denunciato la bancarotta ecologica del Pianeta e si è accartocciato su sé stesso.

Vorrei tanto sbagliarmi, vorrei tanto essere smentito da qui a qualche anno, ma vedrete che la ripresa-ripresina sventolata in questi ultimi giorni da Governo Italiano e istituzioni europee non esiste. Purtroppo non ci sarà nessuna ripresa, le cose continueranno a peggiorare perché non è stato fatto quasi nulla per favorire quel cambiamento necessario anche a rilanciare la situazione economica.

Dico quasi nulla perché sarebbe ingiusto e sbagliato dare tutte le responsabilità alla politica e dire che va solo sempre tutto male. Le responsabilità prima di tutto sono dei singoli cittadini e delle comunità. E’ a noi stessi, innanzitutto, che dobbiamo rivolgere lo sguardo di riprovazione in questa giornata che deve essere di riflessione e di stimolo ad agire. Allo stesso tempo è attorno a no che dobbiamo guardare per cercare i buoni esempi, le possibili vie d’uscita. Intanto per comprendere – non è mai troppo tardi – che il cambiamento inizia dai nostri gesti quotidiani. E poi perché già ci sono singoli individui, comunità, imprese, organizzazioni, non di rado anche istituzioni, che – almeno in qualche ambito – hanno già iniziato a percorrere nuove strade e a cercare, se non già praticare, quel cambiamento di cui abbiamo bisogno.

Non credo che avremo la fortuna di vivere un Over Shoot Day del nostro futuro nel mese di dicembre, ma credo che abbiamo il dovere di fare qualcosa, da subito, per fare in modo che lo possano vivere le future generazioni. E’ un cambiamento necessario ma può e deve essere anche un cambiamento voluto e praticato con piacere. Per questo noi di Slow Food diciamo sempre che iniziare il cambiamento dalla tavola è il modo migliore per capire e imparare le nuove pratiche. Ma non siamo i soli: a partire da Rete civica italiana (che collabora con il Global Footprint Network per diffondere in Italia l’evento dell’Overshoot Day), sono tante le realtà che si mettono in gioco per costruire un diverso modello di sviluppo. Bisogna unirsi a queste realtà e accompagnarle, è il modo migliore che abbiamo di costruire quel domani che vorremmo e che possiamo/dobbiamo ancora sperare di vivere.

di Roberto Burdese

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L’ambientalismo catastrofico: dal riscaldamento globale alla dittatura mondialista

Posted in Articoli by admin on 18 Agosto 2013

scie-chimiche-3

Questo articolo è stato tratto dall’ultimo bellissimo libro del giornalista e scrittore Maurizio Blondet: “Cretinismo scientifico e sterminio dell’umanità”, edito da Effedieffe.

Il termine Global Warming è un neologismo entrato nel vocabolario della lingua italiana, a tal punto che lo stanno insegnando nei libri di scuola fin dalle elementari.
Tutti, soprattutto i più piccoli, devono sapere che il problema più impellente al mondo è il riscaldamento.
L’immensa grancassa dei mezzi di comunicazione di media, e quindi dei poteri forti che li gestisce e controlla, sta allarmando il mondo intero del pericolo mortale del riscaldamento globale, attribuendone la causa all’uomo.
Come mai?

Il riscaldamento del clima è un fatto e nessuno lo mette in discussione – anche se poi vedremo che le cose non stanno proprio così’ – ma da questo affermare che è solamente l’attività umana la causa, ce ne passa di acqua sotto il ponte.
La storia per fortuna viene in aiuto: nella Francia del 1719, una canicola eccezionale fece morire oltre 450 mila persone.

Entro il 2070 si scioglieranno i ghiacciai
Questo è uno dei tanti titoli pubblicati a caratteri cubitali e ripreso dai media maistream di tutto il mondo. Non abbiamo scampo, si stanno sciogliendo i ghiacciai e finiremo sommersi dalle acque o cotti dal calore del sole.
I ghiacciai alpini si stanno liquefacendo, come pure la calotta polare, si restringe la Groenlandia, i mari si alzano,  ecc.
Colpa ovviamente dell’uomo!
Le previsioni sono infauste, per non dire apocalittiche: dove fa caldo farà caldissimo, e dove fa freddo avremo una glaciazione tipo Siberia. In più spariranno molte città costiere.
Tutto questo tra il 2010 e il 2020.
Non tutti sanno però che l’ambientalismo catastrofico è mosso da interessi costituiti potentissimi e dall’ideologia della “crescita zero”, ed è teleguidato direttamente dalle fondazioni Rockefeller…

La Corrente del Golfo
Ad essere in questione è la Corrente del Golfo che porta l’acqua riscaldata nel Golfo del Messico verso nord, rendendo mite il clima del Nord America e dell’Europa settentrionale ed evitando che siano coperte dai ghiacci.
Quando la Corrente, che nel suo percorso da sud scorre in superficie, arriva alle estreme latitudini nord, si raffredda e diventa più densa, quindi sprofonda e nel fondo oceanico ripercorre all’inverso la sua rotta, tornando verso l’Equatore. Qui si riscalda, risale in superficie e riprende la rotta verso nord. E’ questo il motore che esenta l’Inghilterra, nonostante la sua alta latitudine dal clima che domina il Mar Baltico siberiano. Da un po’ di tempo però questo motore perde colpi. La causa: lo scioglimento dei ghiacciai dell’Artide: l’acqua dolce diluisce la salinità della corrente e ciò impedisce che nella rotta di ritorno essa sprofondi completamente.

Rallentamenti della Corrente sono avvenuti più volte in passato, assai prima dell’era industriale. L’ultima nel 1300 d.C. che determinò in Europa la “piccola era glaciale” che perdurò per due secoli.
Non solo, la corrente 8200 anni fa si fermò del tutto: l’Europa si coprì di ghiacci spessi anche 750 metri. Le isole britanniche e il Nord America erano dominate da un clima siberiano. Ci volle un migliaio di anni perché le zone tornassero abitabili.
Oggi, un rapporto del Pentagono ventila la possibilità che la corrente non solo rallenti, ma si arresti di nuovo.

Il mistero delle gocce di acqua
Gocce d’acqua che restano liquide a  gradi sottozero: impossibile? Dovrebbero essere cristalli di ghiaccio e invece goccioline di acqua liquida superfredda sono state trovate nelle nubi sopra il circolo polare, lo riferiva nel novembre  la U.S. National Oceanic Atmospheric Administration (NOAA). Quale tipo di inquinamento può mantenere liquida l’acqua a quelle temperature, e cosa può provare questo fatto insolito? Se una nube artica è composta da gocce liquide anziché di cristalli ghiacciati, cambia il modo in cui riflettere, assorbe e trasmette l’irraggiamento dalla superficie della terra. In pratica: gocce liquide scaldano l’atmosfera artica più che cristalli di ghiaccio. Queste nubi sembrano essere il principale dei fattori sconosciuti per comprendere il riscaldamento globale.

Riscaldamento interplanetario
Nel maggio 2006 il telescopio spaziale Hubble mostrava che anche su Giove la temperatura stava salendo: di almeno 10 gradi Fahrenheit. Tritone, la maggior luna di Nettuno, sembra attraversare un periodo di riscaldamento globale almeno dal 1989. Persino sul lontanissimo Plutone, la temperatura planetaria sembra essere in aumento di 2 gradi centigradi negli ultimi 14 anni.
Quindi se di riscaldamento dobbiamo parlare, è bene estendere il globale a interplanetario. Ma se fosse così, allora l’attività umana non c’entra assolutamente nulla, visto che su Plutone non vi sono fabbriche e nemmeno automobili.
“Il Sole è al suo massimo energetico rispetto agli ultimi 60 anni e può influire sulla temperatura del pianeta”, diceva Sami Solanki, che dirigeva il centro di ricerca sul sistema solare al Max Plank Institute di Gottinga.

Sole e raggi cosmici
Un altro fattore che conta, secondo il meteorologo e fisico Henrik Svensmark del Danish National Space Center di Copenhagen, sarebbero i raggi cosmici.
Cosa c’entra il sole con i raggi cosmici e come questi ultimi possono influenzare la temperatura sul pianeta Terra? Lo scienziato ha notato una apparente relazione da nuvolosità e quantità di raggi cosmici, ossia il numero di particelle atomiche che colpiscono la terra provenienti dagli spazi siderali. Il numero di queste particelle variano in proporzione con l’attività della nostra stella.

Detto in altri termini: una ridotta attività solare comporta una maggiore irradiazione di raggi cosmici. Più raggi significano più nuvole in cielo, e più nubi maggior irraggiamento solare che viene riflesso nello spazio. Risultato: raffreddamento della Terra coperta dalle nubi. Esattamente quello che è avvenuto per ben 2 secoli a cavallo del 1400-1500 d.C. definita “piccola glaciazione”.
In questo periodo il sole sarebbe molto attivo e questa sua maggior energia è in grado di spazzare via i raggi cosmici con più intensità. Risultato: minor nuvolosità, giornate più serene e aumento del caldo.

Riscaldamento degli oceani
Oggi ci troviamo nella coda d’uscita dell’ultima era glaciale. L’acqua copre oltre il 70% della superficie del pianeta. E negli oceani, intrappolato in forma di carbonati, giace una quantità di CO2 almeno cento volte superiore a quello atmosferico. Gli oceani lentamente che si riscaldano, emettono gas carbonico.
Sarebbe il riscaldamento degli oceani che provoca l’aumento della CO2 e non il contrario. Si confonde la causa con l’effetto.
L’attività vulcanica e gli immensi sommovimenti che avvengono a centinaia di chilometri sotto i nostri piedi non hanno – dicono gli scienziati – alcuna responsabilità nel riscaldamento globale. Sono le scoregge dei bovini che liberano nell’aria metano, le ciminiere e le automobili.
Decine di vulcani subacquei vomitano continuamente magma incandescente e lava alla velocità di 500 metri al secondo, ma questo non ha alcun effetto sul clima.
Solamente sotto l’artico (Polo nord) vi è un colossale fornello di vulcani sempre acceso la cui energia è infinitamente più potente di tutta l’industria umana del XXI secolo.

Gli scienziati embedded
Circa 2500 scienziati sotto egida ONU hanno giurato che la causa del riscaldamento globale è l’uomo e solo esso.
Dall’altra parte oltre 31 mila scienziati, ancora liberi di pensare, tra cui fisici, climatologi, meteorologi, oceanografi ed ecologisti hanno firmato una petizione (Global Warming Petition Project) in cui prendono pubblicamente le distanze dalla teoria del Global warming come originato dall’industria umana: “non ci sono prove convincenti”.
La Terra infatti, si riscalda e si raffredda continuamente.

Contrordine scienziati
Se da una parte del mondo, nel nord, effettivamente i ghiacci si stanno sciogliendo, e questo è sempre successo nella storia del pianeta, e continuerà anche quando l’uomo sarà estinto, dall’altra parte del mondo, i ghiacci stanno avanzando.
La calotta di ghiaccio dell’Antartide, diventa ogni giorno più spessa. Da 11 anni non fa che crescere. Le nevicate in queste zone aggiungono ogni anno 45 miliardi di tonnellate di acqua, rendendo ogni anno più spesso il ghiacciaio di 1,8 centimetri.
L’acqua che si immobilizza sotto forma di ghiaccio in questa parte estrema del globo è praticamente uguale a quella che va sciogliendosi in Groenlandia.

Paradossalmente se prendiamo come punto di partenza l’anno 1998, c’è stato un raffreddamento della Terra, mentre prendendo come punto di partenza il 2002, il clima è in un plateau, cioè la temperatura è rimasta pressoché piatta, e questo nonostante i livelli di CO2 siano continuamente cresciuti. Quindi l’anidride carbonica non è direttamente proporzionale al riscaldamento.
Circa 630 milioni di anni fa l’atmosfera era satura di gas-serra eppure coincise con prolungati periodi glaciali. Come la mettiamo?

Lo stesso ente ufficiale che partecipa al terrorismo climatico, I.P.C.C.Intergovernmental Panel on Climate Change (premio nobel per la pace con il massone Al Gore) ha dovuto ammettere che negli ultimi 8 anni la temperatura è rimasta stabile.
Nonostante questo, l’ottobre 2008 secondo il Goddard Institute for Space Studies(GISS), una costola della NASA, è stato il più caldo della storia.
All’opposto, il National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) americano elencava nello stesso mese ben 63 nevicate locali e lo posizionava al 70° posto come tepore, fra gli ultimi 114 ottobre misurati. Chi ha ragione e chi dice il falso?
La risposta è abbastanza semplice sapendo che nel 2008 la Cina passava l’inverno più rigido del secolo e a Baghdad si è vista cadere la prima neve della sua storia.
Quindi i profeti del riscaldamento, venduto ai poteri forti, taroccano i dati per far credere al mondo che le temperature stanno salendo pericolosamente e che per questo bisogna intervenire.
La conferma è avvenuta nel novembre 2009 con lo scandalo Climategate degli scienziati ed accademici che ammettevano, tra di loro, di falsare i dati per confermare la teoria del riscaldamento globale. Dai server della Climatic Research Unit (CRU) dellaEast Anglia University, la centrale scientifica principale dell’ideologia del global warming, vennero infatti rubate 160 Mb di e-mail e pubblicate in Rete. I media ovviamente ne hanno parlato pochissimo.

Da Gaia alla dittatura malthusiana

“Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, giungemmo all’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la mancanza di acqua, la carestia e cose del genere fossero adatte”

Queste interessanti e chiarissime parole sono tratte da una pubblicazione del Club di Roma, un think tank globalista e tecnocratico che nel 1972 con i soldi della fondazione Agnelli e il mandato dell’Onu pubblicò l’apocalittico libro “I limiti dello sviluppo”.
L’ambientalismo catastrofico resta la maschera, cioè il mezzo migliore per imporre una pianificazione centralizzata dell’economia a livello planetario.
Con la scusa del riscaldamento, della riduzione delle emissioni, del pericolo della fine del mondo, la finanza pretende che gli Stati intervengano nell’economia, ma nella direzione voluta dal capitalismo terminale: imponendo un Nuovo Ordine internazionale.
Un deliberato progetto (mathusiano) di drastica e permanente riduzione dell’attività produttiva globale, attuata e sorvegliata da un unico ente globale dotato di tutti i mezzi di controllo e ovviamente non votato da nessuno.

“Io ritengo che il cambiamento climatico sia una situazione grave come una guerra. Può essere necessario mettere la democrazia in sospeso per un po’. Dobbiamo avere poche persone dotate di autorità a comandare“.

Ad esprimere queste parole è stato James Ephraim Lovelock, chimico-futurologo, ex collaboratore della NASA e artefice della Teoria di Gaia. L’inventore del buco dell’ozono causato, secondo lui dal C.F.C., il gas contenuto nei frigoriferi e bombolette spray (il cui brevetto della Dupont scadeva, guarda caso, proprio quando venne scoperto il buco. Queste sono le coincidenze della vita).
Lovelock è profondamente inserito nelle centrali di potere dell’Impero britannico.

Eccolo qua, il vero motivo del global warming: instaurare un governo mondiale, una vera e propria dittatura malthusiana.
Non a caso il futurologo è membro del The Optimum Population Trust, un think tank che promuove la riduzione della popolazione umana del mondo. Stiamo parlando di denatalità, di decrescita umana.
Lovelock lavora in stretto accordo con John P. Holdren, un fisico aeronautico diventato un fondamentalista della denatalità che oggi è consigliere del presidente Obama per la scienza e la tecnologia. Questo personaggi nel 1973 dichiarò che “la popolazione degli USA, 210 milioni,  eccessiva, e che i 280 milioni del 2040 saranno intollerabili”. Egli caldeggia candidamente la sterilizzazione forzata delle donne che abbiamo messo al mondo un figlio o due.
Questi purtroppo non sono degli innocui e isolati pazzi, ma rappresentano le idee che vengono promosse ogni giorno dagli organi del governo britannico, statunitense e dell’ONU per la pianificazione familiare.

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Mostruoso Tornado ad Enna (Catenanuova) – 14 agosto 2013

Posted in Articoli by admin on 15 Agosto 2013

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Era un mostro che viaggiava seminando panico e con venti fortissimi ad oltre 150km/h. Non ci sono conferme sui danni che avrebbe fatto il tornado che nel pomeriggio del 14 Agosto 2013, intorno alle 18, ha colpito le campagne tra Enna e Catenanuova, nella Sicilia centrale, ad un passo dall’Autostrada A19 Palermo-Catania. Tanti automobilisti in transito si sono fermati sul bordo della strada per documentare con foto e video, un evento ritenuto eccezionale e che non poteva passare del tutto inosservato.

tornado2sat

tornado2satb

Ieri pomeriggio un gigantesco tornado (probabilmente un F2) ha interessato la Sicilia centrale, nei pressi di Agira, in provincia di Enna, intorno alle ore 18. Proprio ad Agira poco prima s’era abbattuto un violento nubifragio che aveva scaricato al suolo ben 31mm di pioggia in pochi minuti. L’evento, particolarmente estremo, non ha provocato danni consistenti in quanto – fortunatamente – non ha interessato centri abitati ma s’è limitato a una zona di campagna nei pressi dell’Autostrada A19 Palermo-Catania da dove tanti automobilisti in transito sono rimasti incantati di fronte a un simile spettacolo della natura. Salvatore Ciurca ci ha inviato le spettacolari fotografie che pubblichiamo nella Gallery: buona visione!

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L’allarme ecologico di Goletta Verde: “Scarichi inquinanti ogni 57 km di costa”

Posted in Articoli by admin on 15 Agosto 2013

Due mesi di viaggio attorno all’Italia per la nave di Legambiente, che ha identificato 130 punti di costa con emissioni fognarie non depurate, quasi il 50% dei punti monitorati. Valori batterici ben oltre i limiti di legge. Alla Campania la maglia nera, meglio la Liguria.

ROMA – C’è ancora troppa “maladepurazione” in Italia: questa la conclusione del viaggio compiuto da Goletta Verde di Legambiente che per due mesi ha circumnavigato lo Stivale, compiendo 34 tappe. Sono 130 i campioni risultati inquinati dalla presenza di scarichi fognari non depurati – uno ogni 57 km di costa – sul totale delle 263 analisi microbiologiche effettuate. In pratica quasi il 50% dei punti monitorati lungo i 7.412,6 km di territori costieri toccati dall’imbarcazione ambientalista. E di questi campionamenti risultati oltre i limiti di legge ben 104 (l’80%) hanno avuto un giudizio di fortemente inquinato, cioè con concentrazione di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio di quanto consentito. Seguendo questo link si può accedere ai dati della ricerca di Legambiente.

Il 90% dei punti inquinati sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti, canali, fiumare, fossi o nei pressi di scarichi di depuratori malfunzionanti, che si confermano i nemici numero uno del nostro mare. Nessuna regione – fa notare il rapporto, presentato alla stampa da Legambiente e dal partner Coou (Consorzio obbligatorio degli oli usati) – è risultata indenne dall’attacco della mala depurazione. Dei 130 risultati oltre i limiti, 19 sono in Campania, 17 in Puglia, Calabria, Lazio, 12 in Sicilia, 11 in Liguria. Ma nelle regioni del Mezzogiorno al danno ambientale si somma quello economico: “Si rischia di perdere ben 1,7 miliardi di euro dei fondi Cipe destinati alla costruzione e all’adeguamento degli impianti che sono in scadenza a dicembre – ha fatto notare Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – come se non bastasse, inoltre, ci prepariamo anche a far pagare ai cittadini italiani multe milionarie da parte dell’Unione europea per l’incapacità di gestire il ciclo delle acque reflue. Soldi che invece potrebbero essere investiti per aprire nuovi cantieri per la depurazione. Realizzare sistemi efficienti e moderni – aggiunge Zampetti – deve trasformarsi in una priorità nell’agenda politica italiana. E’ l’ennesima vergogna che questo Paese non merita. Non si tratta più soltanto di difendere fiumi e mari, vera grande risorsa di questa nazione, ma ne va dell’intera economia nazionale, buona parte della quale è basata sul turismo”.

Il mancato o inadeguato trattamento dei reflui fognari – spiega lo studio – riguarda ancora 24 milioni di abitanti, che scaricano direttamente in mare o indirettamente attraverso fiumi e canali utilizzati come vere e proprie fognature. La criticità non riguarda soltanto i comuni costieri, ma anche quelli dell’entroterra, per la cronica carenza di impianti e l’apporto del carico inquinante dei reflui che non sono adeguatamente trattati dagli impianti in attività, perchè obsoleti o malfunzionanti.

Il monitoraggio di Goletta Verde ha rilevato inoltre che “molto spesso foci di torrenti e fiumi vengono fruiti da bagnanti ai quali ancora non viene garantita una corretta informazione. Sul totale delle foci e dei canali risultati inquinati e fortemente inquinati il 40% viene dichiarato balneabile dal Portale della Acque del Ministero della Salute. Il 35% dei punti presi in analisi, inoltre, risultano del tutto non campionati dalle autorità preposte anche se spesso questi tratti, pur trovandosi in corrispondenza di foci e canali, sono comunque frequentati da bagnanti”. Motivo per cui – sostiene Legambiente – è imperativo che le autorità introducano o intensifichino i controlli anche in prossimità di queste possibili fonti di inquinamento. Invece, dei tratti di mare definiti dal Portale come non balneabili per motivi di inquinamento, mancano nel 18% dei casi i cartelli di divieto di balneazione.

Fonte: Repubblica

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