Storia di vitti ‘na crozza
“Qual è la vera storia di” Vitti ‘na crozza”, una tra le più celebri canzoni della tradizione siciliana? Non è una canzone allegra. Tutt’altro.
Il vero significato delle parole ci riporta al mondo delle zolfare, fatto di faticosissimo lavoro e di sofferenza. Una canzone che ci ricorda la sofferenza e anche l’ingiustizia di chi passava la maggior parte della propria vita nelle miniere di zolfo della vecchia Sicilia e se aveva la sventura di morire tra le viscere della terra lì restava, sepolto senza nemmeno “un toccu ‘ri campane”.
Protagonista della canzone è ’na crozza, ossia un teschio.Un teschio che, attraverso il suo racconto, si fa promotore di una forte denuncia sociale, rivolta principalmente contro determinate usanze della Chiesa cattolica di un tempo.
La maggior parte delle persone ha sempre ritenuto che il famoso ‘cannuni’ dove si trova il teschio, protagonista della canzone, fosse il pezzo di artiglieria cilindrico utilizzato per fini bellici, e che la canzone si riferisca ad un evento di guerra.
Ma così non è; Il “cannuni” altro non era che il boccaporto delle miniere. Il testo ripercorre l’ostracismo perpetrato dalla Chiesa, incredibilmente cessato solo verso il 1940, nei confronti dei minatori morti nelle solfatare.
I loro resti mortali non solo spesso rimanevano sepolti per sempre nella oscurità perenne delle miniere, ma per loro erano precluse onoranze funebri e perfino, insiste la voce del teschio, un semplice rintocco di campana, perché zolfo e sottosuolo erano simboli e dimora del demonio.
La voce del teschio implora che qualcuno riservi anche a lui questa pietas, affinché una degna sepoltura, accompagnata da un’onoranza funebre che lo possa degnamente accompagnare nell’aldilà sia in grado di riscattare i suoi peccati e garantirgli una pace eterna dopo un’esistenza di stenti, contrassegnata da un lavoro massacrante in un’oscurità permanente”.
“Storia di vitti ‘na crozza”, Sara Favarò
ABBATTIAMO L’ECOMOSTRO DI PUNTA REGILIONE
POSITIVO L’ESITO DELLA DUE GIORNI AL PANTANO DI MARINA DI MODICA
“Sono passato di qui tante volte in estate ma non mi ero mai accorto che ci fosse tutta questa fauna†è il commento meravigliato di uno studente della Scuola Santa Marta che ha partecipato all’iniziativa di Legambiente al Pantano di Marina di Modica. Un commento che mostra come sia stata giusta la scelta di far conoscere questo bene naturalistico di primaria importanza alla popolazione, con la due giorni organizzata dall’associazione ambientalista il 4 e 5 febbraio, in occasione della giornata mondiale delle zone umide.
Nella prima giornata gli studenti, seguiti dagli esperti e dagli animatori di Legambiente, hanno potuto infatti partecipare ad un vero e proprio ‘laboratorio’ ornitologico pratico, ed armati di binocoli e cannocchiali hanno potuto osservare anatre selvatiche e folaghe, aironi e cormorani. Inoltre hanno realizzato con materiali naturali e di riciclo, delle mangiatoie per gli uccelli selvatici.
“Purtroppo la sensibilità dei giovani non trova risposta nella pratica di molti adulti, che non cessano di distruggere l’ambiente per il loro puro desiderio di accumulare denaro e potere, come dimostra l’ennesima cementificazione di una duna costiera†afferma Giorgio Cavallo, presidente del circolo modicano di Legambiente ed uno degli organizzatori dell’iniziativa.
Ecco quindi che la seconda giornata, oltre a reiterare l’attività di conoscenza naturalistica, ha avuto anche un ‘momento di denunzia e protesta’, un vero e proprio blitz contro l’edificazione di una struttura turistica sulla duna prospiciente la zona umida. Le associazioni ambientaliste chiedono infatti il decadimento dell’autorizzazione ad edificare, in relazione al mancato rispetto di tutta una serie di prescrizioni che la regione aveva imposto ma che non sono state rispettate dalla ditta. Lamentano inoltre la scandalosa assenza degli enti di controllo, incluso di Comune di Modica, che si stanno comportando in modo evidentemente pilatesco.
Un ulteriore passo in avanti è stato quindi fatto nell’opposizione contro un presunto sviluppo turistico che distrugge i suoi stessi presupposti (la natura) e che assoggetta ad un interesse privato di pochi un bene comune di tutti. L’impegno dell’associazione continuerà con altre iniziative, sempre nell’ottica della collaborazione tra i circoli provinciali per la salvaguardia di quello che rimane della natura della fascia costiera iblea.
LEGAMBIENTE
MODICA-RAGUSA-ISPICA
GRUPPO DI LAVORO INTERCIRCOLI
PER LA SALVAGUARDIA DELLA FASCIA COSTIERA
“Xylosandrus compactus” attacco su carrubo
Attacchi da scolitide, presumibilmente Xylosandrus compactus (Eichhoff), su carrubo (Ceratonia siliqua L.) si osservano per la prima volta, nella zona di Zimmardo-Bellamagna, a Modica, a dicembre del 2015; in tale circostanza, però, non si riesce a rinvenire l’insetto, bensì solo le gallerie da egli prodotte in alcuni rami.
Il 6 novembre 2016, si rileva un diffuso attacco dello scolitide su diverse piante di carrubo in un terreno a confine con la SP 40 Scicli-Sampieri e, per la prima volta, si osserva il fitofago all’interno delle brevi gallerie da lui prodotte. Le gallerie, larghe circa 0,8-1,0 mm, dopo un breve tratto si allargano in una camera di allevamento, in tronchi, rami e rametti, di forma irregolare in cui si trovano annidati numerosi individui, di colore bruno nerastro, lunghi circa 1,5-1,8 mm, quasi certamente femmine svernanti. In questa camera avviene l’ovideposizione e dopo la camera viene ampliata per facilitare lo sviluppo delle larve.
Le piante colpite presentano, sparsi nella chioma, rametti apicali disseccati e anche rami più grossi, di 10-20 cm di diametro, con numerosi fori e gallerie prodotti dallo scolitide. Si tratta in genere di rami relativamente giovani, con corteccia liscia, priva delle caratteristiche screpolature che si riscontrano nei rami di una certa età.
Le larve si nutrono essenzialmente a spese di funghi dell’ambrosia presenti all’interno delle gallerie materne. I propaguli di detti funghi sono trasportati dalle femmine, stoccati all’interno di strutture particolari del corpo dette micangi e disseminati nelle gallerie di sviluppo per assicurare l’alimentazione della prole. L’infezione micotica provoca un ulteriore deterioramento dei tessuti interessati. I danni alla pianta nei casi più gravi sono rappresentati da un generale e forte deperimento.
La larga polifagia dello scolitide e la capacità di attaccare anche piante sane rendono X. compactus potenzialmente dannoso a molte specie di interesse agrario, forestale e ornamentale.
E’ di estrema importanza aver individuato l’insetto responsabile con le mani nel sacco e poter rendersi conto de visu quali sintomi mostra la pianta colpita. Anche perchè l’attacco è progressivo nel corso del tempo e le manifestazioni esteriori della sofferenza della pianta sono facilmente riconoscibili con un tingersi di rosso delle foglie dei rami colpiti dall’insetto.
Naturalmente per una classificazione più precisa dell’insetto ed eventuali altre patologie ad esso collegate sono necessarie delle analisi più approfondite da svolgersi presso laboratori attrezzati.
Questione ambientale a Cava Gisana: nonostante le concessioni edilizie…
Con recente sentenza della Cassazione penale ( Sez. III, n.28344/2016 ) si è chiusa definitivamente la vicenda relativa all’esecuzione di due impianti, all’epoca in corso di esecuzione, entrambi regolarmente autorizzati nel 2004 dal Comune di Modica, in zone di particolare pregio del territorio di Modica e segnatamente un impianto per il trattamento della bio – massa, sito nella contrada Gisana ed un impianto per la costruzione di un Kartodromo, sito nella vicina contrada Zimmardo.
Contro tali impianti ed i relativi provvedimenti autorizzatori del Comune di Modica, all’epoca insorsero numerosi residenti delle zone interessate, con esposti e denuncie, ottenendone il sequestro ed il rinvio a giudizio dei proprietari degli stessi dei Direttori dei lavori e di alcuni funzionari del Comune di Modica.
Con sentenza depositata il 24 febbraio 2009, i proprietari degli impianti, e i tecnici direttori dei lavori furono condannati per le violazioni edilizie loro contestate così come venne condannato per abuso di ufficio un funzionario del Comune di Modica.
A seguito dell’appello degli imputati, la Corte di Appello di Catania, con sentenza del 29/giugno/2012, applicò la prescrizione agli imputati, atteso il tempo trascorso, confermando nel resto l’impugnata sentenza del Tribunale di Modica, in particolare , confermando le statuizioni civilistiche della sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza della Corte di Appello di Catania, i titolari dell’impianto di biomassa hanno proposto ricorso per cassazione, che è stato rigettato con la suindicata sentenza della S.C., che ha confermato le precedenti sentenze del Tribunale di Modica e della Corte di Appello di Catania.
Il dato che mi preme sottolineare è che la Corte di Cassazione, aderendo all’impostazione del Tribunale di Modica, ha confermato la responsabilità del committente, del proprietario e del Direttore dei lavori, nonostante il rilascio della concessione edilizia, sottolineando che lo stesso non basta a ritenere legittima un’opera edilizia, poiché il Giudice è tenuto a verificare la legittimità del titolo concessorio rilasciato. Da ciò consegue che , ove tale titolo sia illegittimo perchè rilasciato in violazione delle norme edilizie, il reato sussiste, anche, a prescindere dalla collusione tra pubblico amministratore e privato destinatario. . . continua su Laspia.it
Le dune di Marina di Modica: In nome della legge.. di Concetto Scivoletto
In nome della legge continua lo scempio di Modica e dei suoi straordinari beni monumentali e paesaggistici.
In nome della legge negli anni 60 fu rasa al suolo la Chiesa di S. Agostino, furono demoliti l’Hotel Bristol e anche un antico palazzo, con regolari licenze e pareri favorevoli, per far posto a tre mostruose costruzioni in cemento armato che hanno stravolto l’armonia del tessuto urbano di Modica Bassa.
In nome della legge seguirono, sempre con regolari licenze e pareri favorevoli, altre demolizioni nel centro storico e altri palazzi furono costruiti lungo il Corso Umberto, nella Via Marchesa Tedeschi, in Piazza S. Giovanni, lungo il Corso Principessa Maria del Belgio, in via Sottotenente Nino Barone, per citare i più eclatanti. Da Modica Bassa a Modica Alta anche gli orti urbani e i pochi spazi di verde attrezzato finirono per essere sommersi dal cemento.
In nome della legge nei decenni successivi, anche dopo il riconoscimento UNESCO, sono state deturpate irreversibilmente le colline che circondano il centro storico con ecomostri forniti di regolari concessioni e pareri favorevoli.
In nome della legge oggi vengono sacrificate senza scrupoli sull’altare del cemento le suggestive dune di Marina di Modica, vero e proprio monumento naturale, Sito di Interesse Comunitario (SIC), ancora una volta con regolari concessioni, autorizzazioni e pareri favorevoli.
Come può accadere tutto ciò, nonostante le leggi di tutela del patrimonio paesaggistico e la crescita della sensibilità ambientalista? Peraltro, è sempre più diffusa la consapevolezza che nuovi posti di lavoro qualificato, innanzitutto per i giovani, possono nascere solo da una politica di salvaguardia e valorizzazione dei nostri beni culturali e ambientali, non certo dalla loro umiliazione e distruzione. Cosa impedisce di realizzare impianti turistici in luoghi esenti da vincoli ambientali, perseguendo in tal modo sia la tutela della bellezza che la creazione di nuovi posti di lavoro? Anche quando la proprietà del suolo è privata, la bellezza del paesaggio specie se tutelato rimane un bene comune.
Se oggi tuttavia s’insiste pervicacemente nello scempio del nostro territorio, vuol dire che l’intreccio fra cattiva politica e interessi privati continua a mantenere in piedi a Modica un vero e proprio sistema che pare essere più forte delle leggi, dei valori, dei beni comuni, ma anche della memoria e della dignità politica, istituzionale e culturale. Un sistema che si alimenta da più di trentanni nella zona grigia della Variante Generale al P. R. G. della nostra Città, con i suoi tempi enormemente dilatati da periodici aggiornamenti, studi, relazioni, incompatibilità di consiglieri comunali e con le sue generose varianti ad personam. Un sistema particolarmente gradito agli amici degli amici e ai potenti di turno che sta distruggendo bellezza, paesaggio e identità territoriale.
Ebbe a dire Giovanni Giolitti, più volte Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia: «Le leggi per i nemici si applicano, per gli amici sì interpretano».
Ed è impressionante come lo zelo della cattiva politica modicana “ attraverso amministrazioni di vario colore e sigle fino a quella attuale” confermi pienamente questa massima giolittiana.
In nome della LEGGE e della COSTITUZIONE (art. 9) che «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», impegniamoci tutti a combattere apertamente tale sistema non solo con la vigilanza continua, ma con una straordinaria mobilitazione dei cittadini liberi, al fine di salvaguardare e trasmettere alle future generazioni la nostra identità territoriale, patrimonio dell’umanità .
Concetto Scivoletto
Sicilia, è strage di alberi nel Ragusano: Iniettano diserbanti negli ulivi secolari. E c’è l’ombra dell’mafia dei pascoli
Da pù di un anno ignoti entrano in terreni privati per versare sostanze diserbanti sulle piante e iniettare direttamente dentro i tronchi liquidi tossici. Un attacco sistematico che si estende per 400 ettari intorno a Modica e Pozzallo. La denuncia: “Sono raid organizzati”. Il bilologo: “Nessun parassita, tracce di avvelenamento”. Il commissariato di Modica indaga per tentata estorsione.
Si materializzano nella notte, quando entrano nei boschi e nei campi per versare sostanze diserbanti sulle radici degli alberi, bruciandoli ed uccidendoli. Oppure utilizzano un trapano per iniettare direttamente dentro i tronchi liquidi tossici, che si espandono lentamente fino alle foglie. Il risultato è micidiale: alberi ancora giovani che si spaccano dal di dentro, disseccandosi, carrubi e ulivi secolari che si svuotano, si anneriscono e perdono le foglie. E’ una vera e propria strage di alberi quella che sta andando in onda in provincia di Ragusa: un attacco sistematico che si estende per 400 ettari nelle campagne intorno a Modica e Pozzallo.
Le ronde degli avvelenatori – E questa volta non c’entrano i virus o i parassiti: a massacrare gli ulivi e i carrubi del Ragusano infatti sono dei veri e propri blitz, ronde notturne di squadrette di avvelenatori che s’inseriscono nottetempo negli appezzamenti di terreno privati per devastare gli alberi con diserbanti e sostanze tossiche. E’ una storia che va avanti da più di un anno ormai, racconta l’agronomo Corrado Rizzone, proprietario di alcuni degli appezzamenti di terreno finiti sotto attacco. Le ronde vanno in onda di notte, quando nei terreni non c’è nessuno: per mesi ho poi trovato pezzi di alberi spaccati direttamente alla base lasciati sul terreno, mentre tutti gli altri venivano sistematicamente avvelenati, continua Rizzone che ha sporto una serie di denunce contro ignoti al commissariato di Polizia di Modica. Nei mesi gli attacchi si sono intensificati creando un danno enorme, non solo per la mancata produzione di carrube e olive, ma anche perchè parte della zona ricade sotto il vincolo paesaggistico. Qual’è l’obiettivo? Radere al suolo tutti gli alberi della zona?, dice l’agronomo che a sostegno dei suoi esposti ha anche depositato agli atti degli investigatori una perizia di parte, firmata dal biologo Daniele Tedeschi.
continua su Il Fatto Quotidiano
E’ strage di carrubi ed olivi nel modicano
A chi fanno gola quelle centinaia di ettari di terreni coltivate a carrubi e olivi secolari e che si estendono per decine di chilometri da Pozzallo al resto del litorale ibleo e alle campagne limitrofe? Certamente a persone senza scrupoli che non esitano ad avvelenare gli alberi con pericolose sostanze chimiche ed a sparare nottetempo sui tronchi degli alberi, ammazzando pure cani e gatti dei residenti ad evidente scopo intimidatorio.
Il singolare e preoccupante fenomeno criminale, cominciato un paio d’anni fa, è proseguito inesorabilmente fino ad oggi con un intensificarsi di inquietanti fenomeni a base di ronde di non meglio specificati soggetti che, muniti di armi da fuoco, torce e cani al seguito, si aggirano per le campagne di giorno, ma soprattutto di notte.
Non a caso sono fioccate alle forze dell’ordine denunce a carico di ignoti per reiterate violazioni di domicilio e danneggiamenti. Le indagini in corso non avrebbero finora portato novità rilevanti.
I componenti di queste ronde (decine di persone, soprattutto la notte) aggrediscono sistematicamente gli alberi con “iniezioni” di idrocarburi ed altre letali sostanze chimiche, prevalentemente carrubi ed ulivi, secolari e non, versando direttamente sui tronchi sostanze acide e disseccanti al fine di “bruciarne” la corteccia con l’inevitabile morte dell’intera pianta per cui alla fine non ne resta che un nero tronco scortecciato ed avvizzito.
Sull’utilizzo di queste sostanze nocive non sussistono dubbi, dal momento che la circostanza è stata confermata dagli esami di laboratorio effettuati in strutture specializzate sui residui trovati dai residenti.
Un mix letale, che, di fatti, ha seccato gli alberi dall’interno, riducendoli a carcasse scure prive di fronde e corteccia, con i tronchi curvi. Uno spettacolo impressionante che ha finora interessato qualcosa come 400 tra carrubi e olivi secolari sparsi su circa 10 mila ettari di terreni, per un danno di centinaia di migliaia di euro dato dalla mancata produzione di decine di milioni tra carrube e olive, senza contare il gravissimo danno all’ecosistema e al contesto rurale di un’area peraltro sottoposta a rigidi vincoli ambientali e paesaggistici.
Una vera ecatombe che persegue uno scopo ben preciso: far deprezzare il valore dei terreni e provocare ingenti perdite economiche ai coltivatori. L’ipotesi più plausibile resterebbe quella dell’interramento dei rifiuti, anche speciali e pericolosi, al riparo da occhi indiscreti e risparmiando una fortuna sui costi di smaltimento. Si paventa insomma la replica in salsa siciliana del business dei rifiuti già tristemente famoso in Campania con la terra dei fuochi, dove decine di persone sono morte e continuano a morire di tumore. Uno scenario apocalittico che potrebbe presentarsi anche in territorio ibleo, anche se, come accennato, si tratta al momento solo di ipotesi, seppure non di certo campate per aria. Già qualche mese fa il Movimento 5 Stelle aveva evidenziato l’inquietante fenomeno, ma il grido d’allarme è finora rimasto lettera morta, sommerso dal silenzio assordante delle istituzioni. Eppure la desolante scia di carrubi e ulivi irrimediabilmente seccati è sotto gli occhi di tutti, estesa su decine di chilometri quadrati, e quindi impossibile da non notare. Ma perché nessuno muove un dito?
Se lo erano chiesti anche i pentastellati, senza ottenere risposta alcuna. Si confida dunque almeno nell’esito delle indagini, prima che sia troppo tardi.
Niscemi: il Muos è abusivo e resta sotto sequestro. La Cassazione rigetta il ricorso
La Corte ha confermato la tesi della procura secondo cui l’impianto è stato realizzato in un’area di inedificabilità assoluta.
Resta sotto sequestro l’impianto di comunicazioni satellitare militare Muos realizzato dagli Stati Uniti nella riserva del Sughereto di Niscemi (Caltanissetta). Lo si apprende da fonti giudiziarie. E’ l’effetto della decisione della Cassazione che ha rigettato il ricorso dell’avvocatura dello Stato per conto del ministero della Difesa. Rimane vigente l’ordinanza emessa il 1 aprile del 2015 dal gip di Caltagirone, confermata poi dal tribunale per il Riesame di Catania, su richiesta del procuratore Giuseppe Verzera, che ha bloccato la prosecuzione dei lavori per la realizzazione dell’impianto di Telecomunicazione nella base americana per il quale sono indagate otto persone. La Cassazione ha anche condannato il ministero della Difesa al pagamento della spese processuali.
Il procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, competente per territorio su Niscemi, ritiene che il sistema di comunicazione del dipartimento della Difesa Usa, Mobile user objective system, il famoso Muos del Sughereto di Niscemi, è sottoposto ai vincoli di rispetto ambientali perché realizzato in un’aerea protetta con inedificabilità assoluta. Tesi condivisa dal Gip Salvatore Ettore Cavallaro che il 1 aprile del 2015 ha disposto il sequestro della struttura. Il provvedimento, che era stato eseguito dal nucleo di polizia giudiziaria della Polizia municipale e dai carabinieri della Procura, era stato confermato il 27 aprile del 2015 dal Tribunale del riesame di Catania, presieduto da Maria Grazia Vagliasindi.
Un sequestro del Muos era stato adottato nell’ottobre del 2012 su richiesta dell’allora procuratore Francesco Paolo Giordano che aveva ritenuto illegittime le autorizzazioni concesse dalla Regione Siciliana, ma era stato poi annullato dal Tribunale del riesame di Catania che invece valutava validi gli atti del governo dell’isola. Ma nel febbraio 2015, il Tar di Palermo, accogliendo il ricorso del Comune di Niscemi, ha annullato tutte le autorizzazioni delle Regione, imponendo il blocco dei lavori. Su questo fronte è ancora pendente un ricorso al Consiglio di giustizia amministrativo di Palermo. Ma per la Procura di Caltagirone è stata la svolta giudiziaria: non si è posto più il problema sulla legittimità delle autorizzazioni, perché non esistono più e quindi, per l’accusa, il “Muos è abusivo”.
Fumarole abusive e tossiche in contrada Bellamagna a Modica
Sopralluogo immediato della polizia provinciale che sta indagando. Sprigionate nell´aria sostanze potenzialmente tossiche. Ancora da individuare i responsabili.
E’ stata l’impressionante colonna di fumo nerastro, che sprigionava sostanze potenzialmente tossiche, levatasi alta in cielo e visibile a chilometri di distanza ad allertare la polizia provinciale che ha raggiunto contrada Bellamagna.
In una vasta porzione di area gli agenti hanno scoperto delle immense fumarole abusive che ardevano incontrollate. Il reato è aggravato dal fatto che buona parte della zona, immersa nelle splendide campagne tra Modica e Pozzallo, è protetta da vincolo paesaggistico. Numerosi residenti si erano accorti dell’inquietante fenomeno e stavano per avvisare le forze dell’ordine, ma l’arrivo della polizia provinciale li ha tranquillizzati. I tre agenti di pattuglia hanno sentito alcuni testimoni, procedendo poi all’identificazione di un soggetto intento ad irrigare i campi attigui a quelli dove ardevano le fumarole, per vagliarne posizione e responsabilità in ordine all’accaduto, su cui sono in corso indagini per risalire ai responsabili. Si tratta di persone piuttosto sicure dei fatti loro, dal momento che hanno tranquillamente ammassato cumuli di materiale per i terreni incolti, all’insaputa dei proprietari, in attesa di darvi fuoco come già fatto in precedenza, quando una pesante e densa coltre di fumo maleodorante ha ricoperto l’intera vallata.
I campi sono di fatto stati trasformati in autentiche discariche a cielo aperto di materiale di risulta dalle lavorazioni agricole da pieno campo e serricolo con l’accatastamento, da parte degli ignoti responsabili, di cumuli di ortaggi, in primis carciofi e pomodori andati a male, bocchette di plastica da irrigazione, legacci, plastica dismessa dalle serre ed altro materiale combustibile le cui ceneri, come accennato, risultano potenzialmente tossiche e pericolose per i residenti che respirano l’aria della zona interessata dalle fumarole abusive. I campi risultano disseminati da grosse pile di materiale ancora non dato alle fiamme, insieme ad altri cumuli di materiale inquinante che ancora bruciava alla presenza della polizia provinciale, la quale ha accertato tracce di grossi roghi verificatisi nei giorni precedenti e testimoniate da cataste di materiale e sterpaglia bruciata. Molte pile di materiale di risulta ancora bruciano dall’immediato sottosuolo. E’ dunque probabile che l’intera area possa essere sottoposta a sequestro nell’ambito delle indagini in corso sulla inquietante vicenda.
Il Canale di Sicilia sopra una polveriera
Il governo dà l’ok a un progetto di trivellazioni nel Canale di Sicilia che potrebbe decretare una vera e propria emergenza ambientale. Ancora una volta Eni ha vinto. L’associazione ambientalista Greenpeace presenterà ricorso e ha chiesto il sostegno e la collaborazione dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.
«Vergognose le omissioni del decreto che ha sancito la “compatibilità ambientale†del nuovo progetto di trivellazioni nel Canale di Sicilia – ha detto Greenpeace – abbiamo già avviato la procedura per presentare un ricorso e chiediamo aiuto alle amministrazioni locali e alle associazioni di categoria per fermare questa follia».
Il sindaco di Scicli ha confermato la volontà di partecipare al ricorso. Il sindaco di Palermo Orlando ha espresso il suo appoggio alla denuncia presentata da Greenpeace e assicurato che si farà portavoce presso i comuni interessati della necessità di presentare un ricorso contro il decreto. Greenpeace ha chiesto all’ANCI Sicilia di valutare la possibilità di ricorrere in rappresentanza dei Comuni che potrebbero essere in futuro interessati dalle trivellazioni petrolifere.
A esprimere le preoccupazioni del mondo della ricerca scientifica, della pesca e del turismo, sono stati Fabio Fiorentino, ricercatore Istituto per l’Ambiente marino e costiero CNR Mazara del Vallo; Giovanni Basciano, responsabile regionale Agci Agrital; Marco Lion, responsabile ambiente Touring Club Italiano.
Rischio frana, rischio di incidente ai gasdotti, rischio di incidente rilevante durante la perforazione o per incendio della piattaforma: sono alcuni dei punti senza risposta del decreto del Ministero dell’Ambiente che chiude il processo di Valutazione di Impatto Ambientale (decreto VIA n 149/14) del progetto “Off-shore Ibleo†di ENI, che prevede otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata. Le valutazioni sono rimandate a successivi approfondimenti e, per il rischio di “incidente rilevante†deve essere ancora definito uno scenario che valuti i danni e la possibilità di riparare a tali danni, che identifichi le misure di mitigazione e compensazione e che quantifichi i costi per gli interventi.
«Questo decreto è scandaloso. La commissione che doveva valutare il rischio ambientale delle trivellazioni non lo ha fatto e non ha preso in considerazione il rischio da incidente rilevante» afferma Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace. «Lo stesso decreto dichiara che stiamo parlando di impianti ad alto rischio industriale: è gravissimo che siano stati autorizzati quando ancora non sappiamo nemmeno quali sono gli scenari da valutare».
Il decreto autorizza inoltre attività rischiose in un’area tutelata, il Biviere di Gela, che include numerosi siti della rete “Natura 2000â€, nei quali sono consentiti solo interventi necessari per motivi di salute dell’uomo e sicurezza pubblica. Vi sono inoltre almeno otto siti “Natura 2000†a poche decine di chilometri dal progetto, su molti di essi non è stata nemmeno fatta una valutazione degli impatti.
Il decreto ignora infine il parere negativo della Regione Siciliana che fino a maggio 2013 si è opposta, con delibere di giunta e documenti degli uffici tecnici, alla proliferazione delle trivelle ritenendo che esse “porterebbero benefici praticamente nulli per la collettività e per il comparto dell’industria della pesca e del terziario turistico avanzato, mentre altissimi potrebbero risultare i potenziali costi relativi alla sostenibilità ambientale ed economicaâ€.
Per rispondere a queste preoccupazioni il decreto prevede un fantasmagorico progetto di comunicazione sui valori del paesaggio e del patrimonio naturale a carico di ENI. «Fa riflettere il fatto che l’intesa di Crocetta con i petrolieri sia stata firmata proprio lo scorso 4 giugno, lo stesso giorno della pubblicazione del decreto che approva il progetto “Off-shore Ibleoâ€. Ovviamente, sulla Regione, che pure viene ridicolizzata da questo decreto, non possiamo più contare. Tocca ai sindaci dei territori coinvolti, e alle associazioni, intervenire subito per fermare questa follia» conclude Giannì.
Leggi il rapporto “Offshore Ibleoâ€
Fonte: Il Cambiamento
“Vogliono affossare le rinnovabili”:Il grido d’allarme di Giorgio Garuzzo
“Vi invito ad ascoltare questo messaggio di Giorgio Garuzzo, possibilmente fino alla fine, prestando particolare attenzione ai numeri, utili per sfatare dei falsi miti. Tra pochi giorni il ministro Guidi dirà come “tagliano” le bollette del 10% alle PMI. Saranno dei regali straordinari ai fossili. Tagliando retroattivamente gli incentivi al fotovoltaico colpiranno migliaia di aziende, agricole e industriali, che avevano trovato nel fotovoltaico un aiuto a tenere in questo periodo di crisi, in primis abbassando i costi delle loro bollette. Non potranno più ripagare i finanziamenti o, se potranno continuare a farlo, non avranno più alcun beneficio e ancora più rischi. Guardate fuori dalla finestra. Oggi è domenica e c’è il sole (sono a Oristano e la giornata è bella): un buon 60/70% dell’energia italiana che stiamo consumando è prodotta dal fotovoltaico. Vuol dire che decine di centrali a carbone, gas e petrolio sono ferme! Stiamo risparmiando milioni di tonnellate di metri cubi di gas, a vantaggio della bilancia dei pagamenti italiani e della sicurezza energetica del Paese, ma soprattutto nessuno ora sta respirando inquinanti che contribuiscono sostanzialmente all’insorgere dei tumori che uccidono più di un italiano su tre! Quando ho iniziato nel 1996 a lavorare nel fotovoltaico, questo era il mio obiettivo. Pensavo che fosse un obiettivo importante e utile alla collettività . Purtroppo ero ingenuo: non pensavo che gli interessi dei fossili (nel business e nello spirito) avrebbero fatto di tutto per tagliare le gambe al fotovoltaico e a me e a molti altri come imprenditori. Giusto il riferimento di Garuzzo a Mattei: sta succedendo la stessa cosa, anche se meno eclatante perché non si abbatte nessun aereo e, controllando i mass media, TV in testa, si evita di far sapere la verità .” Paolo Rocco Viscontini
La spiaggia di Randello (S.I.C.) libera da strutture. FIRMA
Da qualche giorno sulla spiaggia di Randello (Punta Braccetto RG), è in atto la costruzione relativa ad un progetto di stabilimento balneare presumibilmente della società Donnafugata Resort, così come reclamizzato con grande enfasi anche sul sito istituzionale della struttura alberghiera. L’area demaniale in cui i privati stanno realizzando strutture di servizio alla balneabilità , ( Bar, bagni, cabine ecc.) è inserita nel sito SIC ITA 080004 Punta Braccetto C.da Cammarana quindi dichiarata di grande interesse comunitario. Una porzione del nostro territorio di grande pregio e valenza ma anche di libera fruibilità , sta andando ad ingrassare l’esclusivo interesse di una multinazionale, con la conseguenza di impoverire ancora il nostro territorio ed i suoi cittadini. Tutto sta avvenendo in silenzio , senza esposizione di cartelli autorizzativi, furtivamente e con la massima celerità . L’intervento avviene certamente con il pieno assenso dell’Azienda Forestale di Ragusa gestore del Vivaio lì presente. La stessa Azienda che per anni ha tenuto sigillata l’area forestale, ora ha concesso alla multinazionale che gestisce il resort le chiavi di questo scrigno di Bio diversità , frutto anche di investimenti economici dei cittadini siciliani. Il Comitato Randello Libera ritiene che quanto stia avvenendo sia uno scippo per la nostra comunità , che si sta perpetrando in assenza dei dovuti controlli di legittimità con la logica di favorire interessi forti e penalizzare l’offerta turistica del nostro territorio. Sottoponiamo a Lei tutta la nostra contrarietà per quanto sta avvenendo in quell’area di grande pregio, ribadendo la nostra ferma volontà a portare avanti una decisa azione in difesa del nostro territorio del nostro diritto di cittadini e del futuro della nostra comunità che deve riuscire a trovare la forza, grazie alle sue splendide risorse naturali e culturali, per il suo rilancio economico e sociale.
Il Comitato “Randello Liberaâ€, senza se e senza ma, e senza tante perifrasi, chiede e si attende tempestive iniziative da parte della Amministrazione e di tutto il Consiglio Comunale del Comune di Ragusa. Ci si attende una presa di posizione e decisioni in merito al tentativo di costruzione relativa al progetto di stabilimento balneare, presumibilmente della società Donnafugata Resort.
I cittadini si aspettano una immediata ordinanza di sgombero e disinstallazione delle strutture sino ad oggi installate.
I cittadini si aspettano che questa Amministrazione denunci alla Autorità Giudiziaria i fautori di questo prepotente atto e, congiuntamente, elevi, applicando sanzioni, le relative contravvenzioni.
I cittadini si aspettano dalla attuale Amministrazione un diniego su tutti i fronti.
Firma la petizione su change.org
Lanciata da Comitato Randello Libera Ragusa, Italy
I cittadini vogliono che Randello, sito di interesse comunitario (S.I.C.), sia libera, incontaminata e tutelata.